tag:blogger.com,1999:blog-14296235991050688672024-03-18T03:59:31.411+01:00antennaparabolicaBericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.comBlogger532125tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-56824717658149657702024-02-28T18:17:00.000+01:002024-02-28T18:17:01.747+01:00Sulla guerra <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="383" src="https://www.youtube.com/embed/J-Qkeu9r1xg" width="460" youtube-src-id="J-Qkeu9r1xg"></iframe></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-18529925670396540262024-02-23T10:47:00.000+01:002024-02-23T10:47:12.733+01:00Oriente e occidente<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgvsSwy_Sh3pgJihwhdC4fjMoY69pEQMzP53hCYfe91sDOJoYn-JVca7V8AvulPcBNe94nn0btyUPpPpPHy6Pctqa3faRO8HbVqI44_GGwzYkegrEY-10h0dBG8DoVa9ol5RcewcVdOhiwY2wB6gWVV1GhKV0ZC_Yg_IMdvCu7AE3DQjEeG8_eP5-wctXs" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="1978" data-original-width="1170" height="438" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgvsSwy_Sh3pgJihwhdC4fjMoY69pEQMzP53hCYfe91sDOJoYn-JVca7V8AvulPcBNe94nn0btyUPpPpPHy6Pctqa3faRO8HbVqI44_GGwzYkegrEY-10h0dBG8DoVa9ol5RcewcVdOhiwY2wB6gWVV1GhKV0ZC_Yg_IMdvCu7AE3DQjEeG8_eP5-wctXs=w259-h438" width="259" /></a></div>Negli anni novanta del secolo scorso, dopo la caduta del regime Sovietico, il monopolarismo che si affacciava, faceva riflettere gli intellettuali.<br /><br />Poi un tizio brandì una fialetta contenente una polverina bianca e il mondo sprofondò nel delirio di quel mondo unipolare.<br /><br />A cento anni delle tragedie del secolo breve, l'egemone perde credibilità e forza e all'orizzonte, si intravede il multipolarismo, ma <div><a href="https://youtu.be/WUMEczhcqYA"><span style="font-size: x-large;">noi non ci saremo</span></a></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-86929667637451664342024-02-07T12:12:00.000+01:002024-02-07T12:12:36.321+01:00La Scienzahhha<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiIpMqnPcNwz1KikblPFdkuCKsY_G29_upMFuQE0ABD5yg-QCc2TaETIjz5zaKxaKSJlfcENCY3C8Sel25Prlyy229faUosZikVW5lVmxR_2pv9UnInZDkfTStd1P4tImhNCtiv6eWABHbGe1zHvC8593oCl8IMnA5Pe-qA9bgs8iVm7dMJdwNmImXBH1Y" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="512" data-original-width="781" height="313" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiIpMqnPcNwz1KikblPFdkuCKsY_G29_upMFuQE0ABD5yg-QCc2TaETIjz5zaKxaKSJlfcENCY3C8Sel25Prlyy229faUosZikVW5lVmxR_2pv9UnInZDkfTStd1P4tImhNCtiv6eWABHbGe1zHvC8593oCl8IMnA5Pe-qA9bgs8iVm7dMJdwNmImXBH1Y=w477-h313" width="477" /></a></div><p></p><h1 class="titolo-single-post"><span style="font-size: large;">Vero o falso? </span><span style="font-size: large; font-weight: normal;">di</span><span style="font-size: medium;"><span style="font-weight: normal;"> </span><a class="author url fn" href="https://www.lafionda.org/author/francesco-prandel/" rel="author" style="font-weight: normal;" title="Posts by Francesco Prandel">Francesco Prandel</a></span></h1><p><em>Lo scienziato teorico non è da invidiare. Perché la natura, o più
esattamente l’esperimento, è un giudice inesorabile e poco benevolo del
suo lavoro. Non dice mai “Sì” a una teoria: nei casi più favorevoli
risponde: “Forse”; nella stragrande maggioranza dei casi, dice
semplicemente: “No”. Quando un esperimento concorda con una teoria, per
la Natura significa “Forse”; se non concorda, significa “No”.
Probabilmente ogni teoria un giorno o l’altro subirà il suo “No”.</em></p><p>Albert Einstein <strong> </strong></p><p>Qualche
anno dopo la pubblicazione della teoria della relatività generale,
durante una conferenza viennese del 1919, Einstein sosteneva che «se
non esistesse lo spostamento delle righe spettrali verso il rosso a
opera del campo gravitazionale, allora la teoria della relatività
generale risulterebbe insostenibile». In buona sostanza, il fisico
tedesco proponeva di eseguire un esperimento che avrebbe potuto
confutare la sua stessa teoria. Popper, che era tra il pubblico, così
ricorda quel momento: «Sentivo che era questo il vero atteggiamento
scientifico. Era completamente differente dall’atteggiamento dogmatico,
che continuamente affermava di trovare “verificazioni” delle sue teorie
preferite. Giunsi così, sul finire del 1919, alla conclusione che
l’atteggiamento scientifico era l’atteggiamento critico, che non andava
in cerca di verificazioni, bensì di controlli cruciali; controlli che
avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola
mai confermare definitivamente ». Fu così che il filosofo della scienza
austriaco elaborò il criterio che stabilisce a quale condizione una
teoria può essere considerata <em>scientifica</em>. Se una teoria può
essere messa alla prova, se è possibile eseguire un controllo che
potrebbe confutarla, allora è scientifica, altrimenti non lo è. Se la
teoria non supera il controllo, è semplicemente <em>falsa</em>. Se invece lo supera, non è semplicemente vera: la si può considerare <em>vera fino a prova contraria</em>,
cioè fino a quando viene sottoposta a un controllo che non riesce a
superare. Per questo la scienza propriamente detta non ha un
«atteggiamento dogmatico». Anzi, è continuamente alla ricerca di
«controlli cruciali», di «falsificatori potenziali». Cerca continuamente
di smentire sé stessa. Chi dice di credere nella scienza, intendendo
con ciò affermare che le affermazioni apodittiche di certi sedicenti
scienziati non sono in discussione, non sa di che cosa sta parlando.</p><p>Mi
sono concesso questo preambolo solo perché mette a nudo un’asimmetria
la cui importanza può essere difficilmente sopravvalutata, anche fuori
dall’ambito strettamente scientifico: è possibile stabilire ciò che è
falso, ma non ciò che è vero. E sarebbe terribilmente ingenuo pensare
che, una volta tolto il falso, ci rimanga in mano la verità: depurandolo
dal falso, il panorama cambia, e si aprono sempre nuovi scorci da
controllare. Al limite può accadere che, riconoscendo come falsi certi
enunciati portanti, cambi l’intero paradigma, nel qual caso i critici
trovano nuovo filo da torcere. Debbono rimboccarsi le maniche, perché il
loro lavoro ricomincia quasi daccapo. Così, quello di smascherare il
falso, si presenta come un lavoro incessante, un’impresa che non può mai
ritenersi conclusa. Una partita che non può essere vinta, neanche in
linea di principio: ben che ci vada riusciamo a mantenerla aperta. Se
siamo bravi, riusciamo a rimanere in gioco. Se invece rinunciamo a
giocare la carta della confutazione, se lasciamo che il falso dilaghi
indisturbato, la partita è chiusa. Ed è persa, per tutti.</p><p>L'articolo continua <a href="https://www.lafionda.org/2024/02/07/vero-o-falso/">qui</a></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-4965126525049518592024-01-27T15:24:00.001+01:002024-01-27T15:24:18.259+01:00Contante<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="404" src="https://www.youtube.com/embed/eFmcwwGbOyk" width="486" youtube-src-id="eFmcwwGbOyk"></iframe></div><br />Già nel 1985 qualcuno si era reso conto di cosa sarebbe successo a giocare con la tecnologia.<p></p><div style="text-align: left;">A chi serve che i pagamenti avvengano in forma digitale? Chi ci guadagna? I primi beneficiari sono le banche; ogni transazione digitale ha un costo per l'acquirente e/o per il commerciante e un guadagno per la banca.</div><p>Qualcuno potrebbe obiettare che con la transazione digitale non si può eludere il fisco. Stiamo alludendo alle risorse che dovrebbe garantire i servizi al cittadino. Scuola, sanità, comunicazioni, strade, ecc... Guardiamoci intorno e ci accorgiamo che i nostri soldi, sia quelli prelevati alla fonte, sia quelli versati successivamente, sono usati per altri scopi, per esempio: per fornire armi e militari alla guerra che non abbiamo deliberato in Parlamento e che non abbiamo dichiarato, ma, di fatto, ci coinvolge anche se le piazze si sono, ripetutamente, riempite di cittadini contro la guerra.</p><p>Si potrebbero citare molti altri esempi dell'utilizzo distorto delle risorse dei cittadini (sono proprio soldi nostri), che finiscono nelle casse e nelle tasche sbagliate e non sono impiegati per il nostro benessere.</p>Grandi e faraoniche opere che servono solo a chi le decide e chi le realizza; come il famigerato ponte sullo stretto e le autostrade BreBeMi e Pedemontana Veneta, le cui perdite di esercizio, visto che non le percorre nessuno perché costosissime e inutili, sono a carico delle fiscalità locali, come previsto dal project financing: una grande fregatura per i cittadini.<p>Nonostante questo, ora si ha notizia di esercizi commerciali che obbligano al pagamento digitale. Ma con quale diritto legiferano eludendo il Parlamento? Chi li autorizza a questi obblighi? Com'è possibile che un pubblico esercizio che riceve la licenza a vendere poiché "servizio pubblico", che significa per tutti i cittadini, decida di escludere chi vuole usare i contanti? Negli anni scorsi sono state introdotte e applicate discriminazioni che in un paese civile e democratico non sono nemmeno pensabili... così era nel paese civile e democratico in cui siamo vissuti fino a qualche anno fa.</p><p>Si potrebbe obiettare che basta evitare questi esercizi commerciali e boicottarli.... e se decidessero di unirsi in un cartello? </p><p>Qui non si scrive di commercio ma di democrazia; il contante, lo dice la parola stessa, conta nelle nostre tasche e possiamo usarlo ovunque sia riconosciuto. La moneta digitale, che dovrebbe essere solamente una possibile opzione, non ci appartiene perché tale e può essere estinta con un click.</p><p>Ricordiamoci che non molto tempo fa, in un paese che sembrava civile e democratico, con un click sono stati bloccati i conti correnti bancari di molti cittadini, in base alle loro idee politiche. Questi cittadini sono stati puniti e condannati (senza: tribunale, giudice e avvocato) perché colpevoli di dissenso.</p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-45447632700471397852024-01-15T12:42:00.009+01:002024-01-15T12:49:31.054+01:00LA GUERRA DEI CONTADINI<p></p><div class="separator" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: left;"><img border="0" height="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtawKi6a9VslbpS1mD7Xh3EjHGncJ6lGy9i6sjjvNzq5Hh10hfdQ66PttYZvVbylj3_J5fv6qGFVJNhxf0xhTKeqy-mrmNgPDtNHS8PNLQxItBx7Q0tPG6rwU8YZaia7Txy-fyYdIa_ggqBbRYQq-JYbsJ_-WxgJu-YrTNXC_AOkxTGvtn5imLmgNPzVo/w400-h251/ct.jpg" width="400" /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="text-align: left;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><span style="text-align: left;">È curioso. </span><span style="text-align: left;">Esattamente 500 anni fa, nel 1524, i contadini tedeschi sono insorti contro i “signori” feudali.</span></div><p></p><p>La plebe contro i patrizi. </p><p>Marx non era nato, ma la lotta di classe era già in atto.</p><p>Thomas Müntzer, pastore protestante e uno dei leader delle proteste, scriveva:</p><p><i><span style="font-size: medium;">«I signori e i prìncipi sono l'origine di ogni usura, d'ogni ladrocinio e rapina; essi si appropriano di tutte le creature: dei pesci dell'acqua, degli uccelli dell'aria, degli alberi della terra (Isaia 5, 8). E poi fanno divulgare tra i poveri il comandamento di Dio: "Non rubare". Ma questo non vale per loro. Riducono in miseria tutti gli uomini, pelano e scorticano contadini e artigiani e ogni essere vivente (Michea, 3, 2–4) [Lutero] dice che non ci dovrebbe essere ribellione, perché Dio ha dato la spada all’autorità, ma il potere della spada appartiene alla comunità intera. Nel buon tempo antico il popolo assisteva quando si rendeva giustizia, per impedire che le autorità pervertissero la giustizia, ma ora esse l’hanno pervertita. Devono essere gettate giù dai loro seggi. Gli uccelli si vanno radunando per divorarne i cadaveri.»</span></i></p><p>Le proteste sfociarono in una guerra sanguinosa che portò a centomila morti e alla formulazione dei <a href="https://it.m.wikipedia.org/wiki/Dodici_articoli">12 articoli</a> del manifesto di Memmingen, antesignano della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, con una serie di rivendicazioni da parte dei contadini tra cui la liberazione dalla servitù della gleba (art.3), diminuzione delle corvé (art.6), revisione di canoni, servizi al signore locale in libertà e dietro pagamento in denaro (art.7).</p><p>Precisamente 500 anni dopo (1524-2024), i contadini tedeschi sono tornati nelle strade e nelle piazze.</p><p>Nel 2023 si erano già attivati olandesi, belgi, polacchi, ungheresi, slovacchi. Oggi il livello della protesta si è alzato.</p><p><b><span style="font-size: medium;">Lunedì 15 gennaio gli agricoltori invadono Berlino in massa.</span></b></p><p><b></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='455' height='379' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dwDULydJDBQmGmOAxrBM6wMdvz9bXHmOm39pBsdJprmlrXPon5FRAb81lRJ-wdXrB8sdMSazgYRdfebVv2u1w' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></b></div>Evidentemente più di qualcuno si è reso conto che “<a href="https://youtu.be/75H2dG_8BV0">questa transizione ecologica sa di transazione economica</a>”. <p></p><p>Fonte: <a href="https://t.me/roccocantautore">ROCCO CANTAUNTORE</a></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-27341431153661277022024-01-06T14:56:00.000+01:002024-01-06T14:56:16.706+01:00Sono arrivati?<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbd-Ih7upwCq4c0ck76M1fDLcUB-z9it18rAYJSiGqhYjz5zofuAkN7h_RjfGxvYDVTiq22G1_2RRkBAeg0ErdtRISyN8YZ-5CwF7viHezhYyhHyyy91Qtcv4qEdz-SkjWK71YgO0XrFyBYR5atD5UzmnV2VAPPVWFnFM_AKSfCFZHvXhN8oRlUSUNs7o/s4160/eee.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="364" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbd-Ih7upwCq4c0ck76M1fDLcUB-z9it18rAYJSiGqhYjz5zofuAkN7h_RjfGxvYDVTiq22G1_2RRkBAeg0ErdtRISyN8YZ-5CwF7viHezhYyhHyyy91Qtcv4qEdz-SkjWK71YgO0XrFyBYR5atD5UzmnV2VAPPVWFnFM_AKSfCFZHvXhN8oRlUSUNs7o/w466-h364/eee.jpg" width="466" /></a></div>Se sono arrivati non hanno trovato nessuno. <p></p><p>Il loro viaggio mitico è stato inutile, hanno vinto i criminali della strage degli innocenti. </p><p>E' stato inutile seguire la stella e il sogno di unità e comunità.</p><p>E' stato inutile camminare con il cuore leggero, felici di incontrare un piccolo bambino palestinese.</p><p>E' stato inutile viaggiare per mezzo mondo quando il mondo si è ristretto in un carcere a cielo aperto.</p><p>Sono inutili i loro doni preziosi che i macellai criminali non possono comprendere.</p><p>Se sono tornati hanno trovato solo troppi bambini morti.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-15085774263956056972023-12-25T11:18:00.000+01:002023-12-25T11:18:31.648+01:00Natale 2023<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgRUBO-tCgkeA8sRSdKg4TwKnv8IqkBOzosh9omJPrxX3_UPfIxzcJmIjXHwaglWSDqj59YdgWE508pe_Ufz4a-4y2U9ZTR3bkpL-eGaIHLXHCuXgi4vSq--Fb-XZSSaHlhn7bvHqdgYf_XWyc4REYpgW2mPgpdzaO7ADITM-LIySz59Yt4cD5qFap1QqU" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="922" data-original-width="907" height="477" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgRUBO-tCgkeA8sRSdKg4TwKnv8IqkBOzosh9omJPrxX3_UPfIxzcJmIjXHwaglWSDqj59YdgWE508pe_Ufz4a-4y2U9ZTR3bkpL-eGaIHLXHCuXgi4vSq--Fb-XZSSaHlhn7bvHqdgYf_XWyc4REYpgW2mPgpdzaO7ADITM-LIySz59Yt4cD5qFap1QqU=w469-h477" width="469" /></a></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-4820288054385507552023-12-16T16:12:00.002+01:002023-12-16T16:12:34.462+01:002 dati sui salari in Italia che dovremmo ripetere all'infinito<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhlpE8PnA9dD73OlES1LbrpLNWm3g3ZwY_yoALVxW5qmg6DOMgc5HwOHYekxLMFXrmU81asdv4BfTX7p9IJdP0yIX9nPSR6mqp1t-ycNAQJe0-ijYbuyZhhNyqEN3sl4IoodCMMlduCr5jA33QetDPek9PFmGdCVkYeYgY7mwdemo6-fsCqdCj_EjrkpJE" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="226" data-original-width="403" height="271" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhlpE8PnA9dD73OlES1LbrpLNWm3g3ZwY_yoALVxW5qmg6DOMgc5HwOHYekxLMFXrmU81asdv4BfTX7p9IJdP0yIX9nPSR6mqp1t-ycNAQJe0-ijYbuyZhhNyqEN3sl4IoodCMMlduCr5jA33QetDPek9PFmGdCVkYeYgY7mwdemo6-fsCqdCj_EjrkpJE=w465-h271" width="465" /></a></div><br />Due dati che ormai conosciamo ma che dovremmo ripetere all'infinito.<p></p><div><div class="" dir="auto"><div class="x1iorvi4 x1pi30zi x1swvt13 xjkvuk6" data-ad-comet-preview="message" data-ad-preview="message" id=":Rlataul9l9aqqd9emhpapd5aqH2:"><div class="x78zum5 xdt5ytf xz62fqu x16ldp7u"><div class="xu06os2 x1ok221b"><div class="xdj266r x11i5rnm xat24cr x1mh8g0r x1vvkbs x126k92a"><div dir="auto">Il primo. Dal 1991 ad oggi i salari sono cresciuti
in Italia soltanto dell'1% mentre nei paesi Ocse la crescita è stata del
32,3%.</div>
<div dir="auto"><br />Il secondo. La quota dei salari sul Pil è passata
nello stesso arco di tempo dal 60 al 40% mentre quella dei profitti dal
40 al 60%. <br /><br />Questi due dati suggeriscono altre due considerazioni. <br /><br />La prima. Il modello economico italiano - se così si può definire - <a href="https://www.libropiu.it/storia/cicalese-pasquale/50-anni-di-guerra-al-salario/9791280401250">negli ultimi trent'anni ha impoverito i lavoratori e arricchito il capitale</a>.</div>
<div dir="auto"><br />La seconda. I contratti nazionali non sono stati in
grado di difendere la tenuta salariale; questo per chi sostiene che
siano sufficienti a garantire i redditi dei lavoratori di fronte alla
perdita di potere d'acquisto.</div>
<div dir="auto"><br />Un'ultima nota per chi tira sempre in ballo la
scarsa produttività del sistema economico italiano: i salari sono
cresciuti assai meno anche della produttività che evidentemente ha
giovato solo ai profitti. In sintesi dopo il lungo dopoguerra del
conflitto sociale e politico, siamo approdati nel paradiso dei ricchi
che hanno fatto pagare il conto ai lavoratori.</div><div dir="auto"><br /></div><div dir="auto">di Alessandro Volpi</div><div dir="auto"><br /></div><div dir="auto">Fonte: <a href="https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-2_dati_sui_salari_in_italia_che_dovremmo_ripetere_allinfinito/11_52056/">lantidiplomatico</a></div>
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</div>
</div>
</div></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-59161827883119853072023-12-12T17:01:00.000+01:002023-12-12T17:01:04.995+01:00La prima strage di stato<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhogOtsT9V5Q_bn-AtWFpZVBr2ov4L8IFil64YVNqc7FTr7y6X_xw_q_mZ7qRkwysR9lVOuhgTduWVtG1W1gKF2I0vIlg736qh1rd_HUwqF5kPt8MOyH-9poj7xnZ3QpmhER-sT-AYt1i8fYpkMXIALL_2C7nOHqb-pyK72Q7p-cScX5tkSGG5dY2T_E5k/s1280/ss.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="309" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhogOtsT9V5Q_bn-AtWFpZVBr2ov4L8IFil64YVNqc7FTr7y6X_xw_q_mZ7qRkwysR9lVOuhgTduWVtG1W1gKF2I0vIlg736qh1rd_HUwqF5kPt8MOyH-9poj7xnZ3QpmhER-sT-AYt1i8fYpkMXIALL_2C7nOHqb-pyK72Q7p-cScX5tkSGG5dY2T_E5k/w462-h309/ss.jpg" width="462" /></a></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-35604990292252378762023-12-04T14:24:00.002+01:002023-12-04T14:24:56.853+01:00In Girum Imus Nocte et Consumimur Igni<p> <em><span style="font-size: large;">Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco</span></em></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='463' height='385' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyA98rYUa4ARYEtiUVHL2OqFUB9NPKSkURcKWICmT9-g0zk-Fcj9e5ZcobERnrEcuUwefSR30JhCYZHxMfoNg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><div><br /></div><div><span style="font-size: large;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgOjoLPzKqO-s7YaE43K-HVH_k8Xex6M5mNkpzk1bjuTVlEkb2tRsJul-8vU5_hRN0sInHfBiW_9ubEy3f7nIaJZm1mWDgfgYbUd7f7fPjJBY4ZDiGw9M1az3drZ2u3XnrbqGsFO2aaQKIIHZvuRSAbx8-igraEoKmk8zIDaivd2AeS4jMYLT_h1CJ5Krg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="300" data-original-width="450" height="301" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgOjoLPzKqO-s7YaE43K-HVH_k8Xex6M5mNkpzk1bjuTVlEkb2tRsJul-8vU5_hRN0sInHfBiW_9ubEy3f7nIaJZm1mWDgfgYbUd7f7fPjJBY4ZDiGw9M1az3drZ2u3XnrbqGsFO2aaQKIIHZvuRSAbx8-igraEoKmk8zIDaivd2AeS4jMYLT_h1CJ5Krg=w452-h301" width="452" /></a></div></span></div><div><p style="text-align: justify;">Luci e suoni raccontano la condizione umana nei gesti degli attori-ballerini </p><p style="text-align: justify;">Una bella recensione dello spettacolo al suo debutto: <a href="https://www.teatroecritica.net/2015/09/in-girum-imus-nocte-la-danza-notturna-di-aldes/">teatroecritica</a></p><p style="text-align: justify;">Visto al Teatro Astra di Vicenza il primo dicembre 2023</p></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-75358640114349899082023-10-26T19:03:00.006+02:002023-11-03T09:58:05.567+01:00Roger Waters per Julian Assange<p>Roger Waters visita Julian Assange nel carcere di Belmarsh, Londra, e invia un importante messaggio.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='492' height='409' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzl2qDR0bSfSsljQBwnKCmuRNTe_eMLB7tkKqpdQtWmnrUMX60HmBF0nM_yg15zkn4qHhjF0YOw6cTVMob7mQ' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-81495033454453900722023-10-13T12:14:00.003+02:002023-10-13T12:14:59.675+02:00 La banalità del male nei crimini di guerra<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='466' height='387' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyPGGKjsrUdqilqUijVcNJE9S_wcJihn-UJ-zZPUR5pqJ0HWJZ6qA_Atq_3O3pq3JJRdaVQJhIhGfEi_rOUEg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br />Diventato virale il video di questo colono israeliano che irride così la condizione di vita senza luce e acqua per i due milioni e mezzo di palestinesi a Gaza (Fonte: L'AntiDiplomatico)<br /><p></p><p>Fa ricordare le dichiarazioni di un politico ucraino, <span class="mw-headline" id="Citazioni_di_Petro_Oleksijovyč_Porošenko" style="font-weight: normal;"><span style="font-size: small;">Petro Oleksijovyč Porošenko, </span></span>che disse: </p><p>"I nostri figli andranno a scuola e nei parchi giochi. I loro <span style="font-style: normal;"><small>[riferendosi ai figli dei filorussi dell'Ucraina]</small></span> si dovranno rintanare nei seminterrati… così vinceremo questa guerra" (Fonte: wikiquote)</p><p>La banalità del male è una delle opere più importanti di Hannah Arendt. Il testo fu redatto nel 1963 a seguito del processo contro il criminale nazista Adolf Heichmann,
arrestato in Argentina nel 1960. Durante il processo, al quale prese
parte in qualità di inviata speciale del “New Yorker”, Hannah Arendt si
rese conto che l’uomo, privo di pensiero, si limita a mettere in pratica
gli ordini ricevuti.<br /></p>
<p>Le cause dell’antisemitismo, dunque, sono state:</p>
<ul><li>l’assenza di scrupoli di coscienza;</li><li>il meccanicismo nell’eseguire gli ordini. <br /></li></ul><p> (Fonte: .studenti.it)</p><p>Un terribile corto circuito della storia. <br /></p><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-70768452469552381752023-10-09T17:53:00.002+02:002023-10-09T17:53:53.494+02:00 Il disastro del Vajont<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg8AyPZN7N7tB7S7fs3rOrj7JExcSLHg4tDVyfbA21twQxYcdSBTZkdEid9OJbr-wcehgEUOAKBDri0kDDqlzWJxM8vNJ53qL3kLmO3jT0sa7HfzDgUwSBf0kRWWhJqnyyuA8avsYKjCLqXDkkmol0kF2wf1DSaqRYyJBNJ_uirpJqfSmJ6H1040v9U-w/s1217/Vajont2.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="694" data-original-width="1217" height="272" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgg8AyPZN7N7tB7S7fs3rOrj7JExcSLHg4tDVyfbA21twQxYcdSBTZkdEid9OJbr-wcehgEUOAKBDri0kDDqlzWJxM8vNJ53qL3kLmO3jT0sa7HfzDgUwSBf0kRWWhJqnyyuA8avsYKjCLqXDkkmol0kF2wf1DSaqRYyJBNJ_uirpJqfSmJ6H1040v9U-w/w445-h272/Vajont2.webp" width="445" /></a></div><br />
<div class="post-header">
<div class="post-header-line-1"></div><span style="font-family: "Bookman Old Style", serif; font-size: 14pt;">Progresso e profitto sono sempre andati a braccetto,
perché? Perché nessuno dei due guarda in faccia nessuno.</span></div><p><span style="font-family: "Bookman Old Style",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 150%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">
Due linee parallele da cui l'uomo moderno, vivendoci in mezzo, attinge e gli
esempi potrebbero essere infiniti ma oggi ricordiamo un fatto in particolare.<br />
Una vicenda che vide come protagonisti uomo, progresso e profitto.<br />Il 9 ottobre, alle 22.39 di sessant'anni fa, la vela bianca del progresso in
calcestruzzo veniva scavalcata dall'onda di morte che procurò in soli quattro
minuti 1910 vittime (alcune mai trovate) nei pressi di quella che era ed è
chiamata "la diga del Vajont" spazzando via interi paesi. <br />
Una storia di intrecci e interessi del potere economico partiti ancor
prima dello stesso boom: perizie, controperizie, presunzione, arroganza,
negligenza e occultamento di documenti (riservati) tra enti pubblico/privati e
ministeri che preferirono sacrificare vite piuttosto di ammettere l'errore, la
spavalda leggerezza che nel nome del profitto mascherato da progresso costruì
oltre alla diga anche i presupposti per una catastrofe più che prevedibile, con
i media dell'epoca (ma ancora oggi) a riempirsi la bocca della parola tragedia.<br />
<br />
Fu uno dei debutti in terra nostra di quella tecnica, affinata negli anni a
seguire, che tra pubblico e privato permette il disastro colposo privo di
colpevoli (se non qualche sacrificabile pedina).<br />
Ma una verità, tra tutte, è che fu permesso. E poco importa se nel processo che
ne seguì un paio di nomi furono condannati come RESPONSABILI ( tre anni e otto
mesi con condono di tre anni, danno e beffa come titoli di coda).<br />
La responsabilità per propria definizione doveva esserci prima, durante i
lavori, durante le avvisaglie che la frana diede con largo anticipo; ritenere
responsabili "post fata" non restituì in nessun caso né vite né averi
di chi quella sera non poté difendersi.<br />
<br />
Quella del Vajont è una tragedia che non viene mai ricordata. Dagli errori, si
dice, si dovrebbe imparare e far sì che il progresso sia una delle fonti di
benessere ma a quanto pare, di "imparato", è rimasto solo il
profitto, con la memoria che viene meno perché perpetuare il ricordo di ciò che
si poteva evitare porrebbe oggi troppi dubbi e confusione; il profitto non
possiede memoria. </span></p><p><span style="font-family: "Bookman Old Style",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 150%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"><br /></span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgHoTqOwkJRvVoCYUsap24_ea9yLYPy5cAoH1HP5lAYFmnIRU-z98v4uNwbo_Soos3E4pRrxbnO0qKNkPWMY8mn23sMFJAjrl6Gp_dT92Zf-cuhNjZ6ksGkBTs0Ww9CDHVh2DmCDXs7z-Kh05ROjtT29kD1dZrA582GxpEDqtT2lFLcrnGwsLkXsPmZ1Y/s834/tm.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="834" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgHoTqOwkJRvVoCYUsap24_ea9yLYPy5cAoH1HP5lAYFmnIRU-z98v4uNwbo_Soos3E4pRrxbnO0qKNkPWMY8mn23sMFJAjrl6Gp_dT92Zf-cuhNjZ6ksGkBTs0Ww9CDHVh2DmCDXs7z-Kh05ROjtT29kD1dZrA582GxpEDqtT2lFLcrnGwsLkXsPmZ1Y/s320/tm.jpg" width="192" /></a><span style="font-family: "Bookman Old Style",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 150%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">Per chi non conoscesse la vicenda suggeriamo il libro "Sulla pelle
viva" di Tina Merlin e il monologo teatrale di Marco Paolini intitolato </span><span style="font-family: "Bookman Old Style",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 150%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">"Vajont 9 ottobre '63".</span></div><p></p><p></p><p><span style="font-family: "Bookman Old Style",serif; font-size: 14.0pt; line-height: 150%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;"></span></p><p><br /> </p><p> </p><p> </p><p> </p><p> <br /></p><p><span style="font-family: Bookman Old Style, serif;"><span style="font-size: 18.6667px;">Fonte: <a href="https://www.weltanschauung.info/">https://www.weltanschauung.info/</a></span></span></p><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-55905478624475399892023-09-12T10:09:00.003+02:002023-09-12T10:09:33.670+02:00A proposito di martedì 11 settembre<p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='500' height='416' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzmZ_JMYUdNr3kbnlMzNaYbPnzl-4aBkAOSJNTK4E9jSDazW6VANlBUcvKFBpcINabm6RLPLYDrDyvhx7CMjg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-78343125911428258862023-08-05T16:29:00.002+02:002023-08-05T16:31:26.253+02:00Crimini di guerra<p><span style="font-size: medium;">Il <b>6 agosto</b> 1945 gli Stati Uniti d'America misero in atto il <b>primo bombardamento atomico</b> della storia su Hiroschima, non contenti, tre giorni dopo il 9 agosto 1945, replicarono su Nagasaki con il secondo, e per ora ultimo, <b>bombardamento atomico</b> della storia.</span></p><p><span style="font-size: medium;">E' bizzarro che i rappresentanti USA si rechino in Giappone, sui luoghi del disastro e del dolore per commemorarli, come se non ne fossero i responsabili. </span></p><p><span style="font-size: medium;">Con la <a href="https://www.ilsuperuovo.it/la-finestra-di-overton-ci-spiega-come-avviene-la-manipolazione-delle-masse/">finestra di Overton</a> ormai lasciata aperta, potrebbe spirare il vento del revisionismo storico per far dimenticare che sono stati i primi e gli unici ad utilizzare <b>armamenti nucleari </b>sulla popolazione civile di due città.</span></p><p><span style="font-size: medium;">Una tesi da inconcepibile, assurda e raccapricciante, può diventare successivamente accettabile, poi ragionevole, quindi popolare e infine legale. <br /></span></p><p><span style="font-size: medium;">Come rendere accettabile ciò che non lo è.</span><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJX1q66QXRPFz0t9gEv7gQPWU1k71dJ2ritOiHP-kglb5MV4VbStMK_XHsAQB47fhFwYyzk10PYCfhGldO8AvnD3dTHQaSebNFwD5lIZ0ur8BgFd2xhRGAS5v13Leje8x-azM_xuXnVpc7PFt1rzpoQnW3vBdKb_jLQtdExMa3lNw9w3oAtJtJpaz59jQ/s864/hirosima3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="619" data-original-width="864" height="314" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJX1q66QXRPFz0t9gEv7gQPWU1k71dJ2ritOiHP-kglb5MV4VbStMK_XHsAQB47fhFwYyzk10PYCfhGldO8AvnD3dTHQaSebNFwD5lIZ0ur8BgFd2xhRGAS5v13Leje8x-azM_xuXnVpc7PFt1rzpoQnW3vBdKb_jLQtdExMa3lNw9w3oAtJtJpaz59jQ/w443-h314/hirosima3.jpg" width="443" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZVKXxGAJrdzaNyorOHMUVT5P5kmXUeEJ6D_JScVcAlyP0K3Tf1L3lReHf2KjL7kio86xkhiaKEO8_FLW3qlY5JcLGGNs_TJ619FT2VmmJdCY97Iyw0jZVR3ha4CxC13sEvD2ED0jGdo81jieaqTBHS9mpgwWE0VeD8MAy9-afkuwskXMw8iBz5bRVAqg/s900/nagasaki.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="900" height="353" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZVKXxGAJrdzaNyorOHMUVT5P5kmXUeEJ6D_JScVcAlyP0K3Tf1L3lReHf2KjL7kio86xkhiaKEO8_FLW3qlY5JcLGGNs_TJ619FT2VmmJdCY97Iyw0jZVR3ha4CxC13sEvD2ED0jGdo81jieaqTBHS9mpgwWE0VeD8MAy9-afkuwskXMw8iBz5bRVAqg/w443-h353/nagasaki.jpg" width="443" /></a></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-63856330929115766532023-07-19T10:30:00.004+02:002023-07-19T10:49:30.390+02:00Colpirne uno per educarne cento<p></p><p><img alt="WikiLeaks Founder Julian Assange Arrest: Why It Should Scare Reporters ..." class="p9uUc _2XfGj" height="318" src="https://s1.qwant.com/thumbr/474x316/1/5/e1b7abe2e22ffbd1a0978fbe752c55fb01ab36d22da4fd5aa7787fe78281cc/th.jpg?u=https%3A%2F%2Ftse.mm.bing.net%2Fth%3Fid%3DOIP.bsSRNoT1_y0BRTsH7WXvVwHaE8%26pid%3DApi&q=0&b=1&p=0&a=0" width="477" /><span style="font-size: medium;">Il fotografo ha ritratto Julian Assange durante il suo scandaloso arresto dentro una sede diplomatica nella città di Londra. Un avvertimento per tutti i giornalisti e un avvertimento per tutti noi.<br /><br />La verità sulle <a href="https://youtu.be/2e3NbrTriQE">azioni criminali dei potenti</a> non possono essere rese note al pubblico, pena, una punizione esemplare: persecuzione, diffamazione e carcerazione senza processo.</span></p><p><span style="font-size: medium;"><br /><b>Unum gastigabis, centum emendabis</b> (ne castigherai uno, ne correggerai cento) viene dal nostro lontano passato.<br /><br />In epoca moderna, con lo stesso significato, il detto di Mao Zedong "Colpirne uno per educarne cento", è stato ripreso anche dall'organizzazione terroristica delle Brigate Rosse.</span></p><p><span style="font-size: medium;">Anche la mafia lo ha fatto proprio e per non destare il minimo dubbio sul messaggio, ne ha colpiti due: i giudici Falcone e Borsellino.<br /><br />Il 20 Marzo 2021, a un anno dall’inizio dell’evento COVID19, due attori Russi si sono chiesti quale sia l’effetto cumulativo del clima di paura e repressione violenta continue vissute. Hanno quindi effettuato un esperimento sociale. Il primo attore ha finto di essere un addetto alla sicurezza, il secondo si è finto un giovane cliente di un centro commerciale, che passeggia senza la mascherina prescritta nei luoghi pubblici al chiuso. <br /><br />Il risultato dell’esperimento è stato inquietante. Quando l’addetto alla sicurezza ha manganellato il giovane cliente urlandogli “dove è la mascherina?”, nessuno è intervenuto, nessuno ha protestato anche solo verbalmente, e tutti si sono affrettati a scappare a testa bassa, infilando la mascherina. Perché? Come è stato possibile arrivare a tanto? Leggi il resto del post a <a href="https://www.contronews.org/colpirne-uno-educarne-cento/">questo link</a></span></p><p><span style="font-size: medium;">Siamo tutti avvisati!</span><br /></p><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-63450836863124489932023-06-13T13:04:00.006+02:002023-06-13T14:19:36.469+02:00Poca memoria<p>Non ricordo più se i giudici Falcone, Morvillo e Borsellino, saltati in aria con le scorte, 11 persone assassinate, prima della "discesa in campo" di B., abbiano avuto il <b>funerale di Stato</b> e il <b>lutto nazionale</b>.<br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5e8q47i8MJe9okQqEXRn_GmcMkaD1NGnTwF5N6RdmTPrwK5GJYD7BYPQoFLjS3GDTqjUHIHPIxJEhve387YrAuYR3gyd6iP9hiudyoMD9ZFiu5UjBif-VGHSfNj6kugEFpzeFmxKw26kSCB28ERJNM1X-3se5m9oCHvbMNdWm6QQQkzGgNI84wG1g/s500/fms.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="473" data-original-width="500" height="398" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5e8q47i8MJe9okQqEXRn_GmcMkaD1NGnTwF5N6RdmTPrwK5GJYD7BYPQoFLjS3GDTqjUHIHPIxJEhve387YrAuYR3gyd6iP9hiudyoMD9ZFiu5UjBif-VGHSfNj6kugEFpzeFmxKw26kSCB28ERJNM1X-3se5m9oCHvbMNdWm6QQQkzGgNI84wG1g/w420-h398/fms.jpg" width="420" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpaq3OwcnAv5pHOl54PjPgvQMWjTK2C6mec2xf-waEWQrRgN8itwKKRNX1a_9y_l7K7i956ci1ZlbBo4jfczH1BIZ0VJUXvPEHtLiW1PvcZ-bRTiZlQoF0U2H_cV29UXqSTnKpI_-ypb6VLKXEANtfnVurczQg0-t3PIzmAnyKuMPpyf7bmt8z9NRF/s618/bs.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="501" data-original-width="618" height="336" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpaq3OwcnAv5pHOl54PjPgvQMWjTK2C6mec2xf-waEWQrRgN8itwKKRNX1a_9y_l7K7i956ci1ZlbBo4jfczH1BIZ0VJUXvPEHtLiW1PvcZ-bRTiZlQoF0U2H_cV29UXqSTnKpI_-ypb6VLKXEANtfnVurczQg0-t3PIzmAnyKuMPpyf7bmt8z9NRF/w416-h336/bs.jpg" width="416" /></a></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-16112887628370050322023-06-01T15:59:00.000+02:002023-06-01T15:59:43.404+02:00(noi umani) Sappiamo essere migliori!<p> Peace Train, Cat Stevens</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="408" src="https://www.youtube.com/embed/M9cJRqsKZKo" width="492" youtube-src-id="M9cJRqsKZKo"></iframe></div><p></p><p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="402" src="https://www.youtube.com/embed/0QpjR6-Uuks" width="483" youtube-src-id="0QpjR6-Uuks"></iframe></div><br /><div id="traduzione"><span><em><b>Treno della Pace</b></em>, (traduzione a cura di fabiosroom)</span></div><div id="traduzione"><span> </span></div><div id="traduzione"><span><span class="dashicons dashicons-arrow-up-alt2"></span></span><div>Di recente sono stato contento,<br /> pensando a tutte le cose belle che sarebbero successe<br /> ed ero certo<br /> che qualcosa di buono fosse iniziato<br /> <br /> Oh, ultimamente ho sorriso parecchio<br /> sognando il mondo come se fosse uno<br /> ed ero certo<br /> un giorno sarebbe finalmente stato così<br /> <br /> Perchè oltre la soglia dell'oscurità<br /> ecco arrivare il treno della pace<br /> oh, treno della pace, prendi questo paese,<br /> vieni a portarmi di nuovo a casa.<br /> <br /> Oh, ultimamente ho sorriso parecchio<br /> sognando il mondo come se fosse uno<br /> ed ero certo<br /> che qualcosa di buono fosse iniziato<br /> <br /> Oh, il treno della pace risuona più forte<br /> treno della pace scorri senza sforzo<br /> Dai, treno della pace<br /> sì, sacro corridore<br /> <br /> Tutti salgono sul treno della pace<br /> vieni treno della pace<br /> <br /> Raccogliete i bagagli,<br /> e portate i vostri migliori amici<br /> perchè si sta avvicinando<br /> e presto sarà qui con voi<br /> <br /> Vieni e unisciti a questa esperienza,<br /> non è lontana<br /> e si sta avvicinando<br /> e presto sarà tutto vero<br /> <br /> Di recento ho pianto,<br /> pensando al mondo così com'è<br /> perchè continuare ad odiare<br /> perchè non possiamo vivere nella beatitudine?<br /> <br /> Perchè oltre la soglia dell'oscurità<br /> ecco arrivare il treno della pace<br /> oh, treno della pace, prendi questo paese,<br /> vieni a portarmi di nuovo a casa.</div></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-84135583540894070642023-05-12T17:40:00.000+02:002023-05-12T17:40:26.455+02:00Piove, governo ladro!<div class="separator"></div><p></p><p style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Visualizza dettagli immagine correlata" class=" nofocus" src="https://th.bing.com/th/id/OIP.AmZFeEorx1n_EMIJiNMNFAAAAA?pid=ImgDet&w=156&h=265&c=7&dpr=1,3" style="visibility: visible;" tabindex="0" /></p>L’espressione “piove, governo ladro!”, documentata anche con attestazioni letterarie «L’avevo detto io! Piove, governo ladro!», Antonio Gramsci (Grande Dizionario della lingua italiana - Accademia della Crusca), si ripete comunemente per satireggiare l'abitudine diffusa di dare la colpa di ogni cosa al governo, talora anche come espressione di sfogo polemico. E’ stata creata dal caricaturista Casimiro Teja, direttore del giornale Il Pasquino (1861), a commento del fallimento, causato dalla pioggia, di una dimostrazione di mazziniani a Torino. La vignetta raffigurava tre dimostranti che si riparavano dalla pioggia sotto un ombrello e uno di loro esclamava il motto di protesta<span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit; font-weight: normal;">. </span></span><span style="font-size: small;"><span style="font-family: inherit; font-weight: normal;"></span></span><p></p>Fonte <a href="https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/lessico/lessico_065.html">qui</a><br /><br />Tra il 1916 e il 1918, sull'edizione torinese dell'Avanti!, Antonio Gramsci tenne una rubrica di scritti polemici e commenti di costume: "Sotto la mole". "Piove, governo ladro!" presenta una scelta di quegli articoli: piccoli apologhi sulla morale e sul costume degli italiani, condotti con lucida ironia. È un'occasione per vedere all'opera quel giornalismo "integrale", indipendente e spregiudicato ma animato da una limpida tensione morale, che Gramsci non si limitò soltanto a teorizzare. Fonte <a href="https://www.ibs.it/piove-governo-ladro-libro-antonio-gramsci/e/9788869332616">qui</a>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-3255643920943706592023-04-26T18:18:00.002+02:002023-04-26T18:23:30.225+02:00Sciatteria o dolo?<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh8MrVvi81BpQFpMU4U46FCzEl1eeV2I9w1fnFTzH-QP8WLmfDUyLM1ZGxu8xGu2yyTsmFa6zVwNxWlbvcvZjH3mznuqniRbVaimqKcmooRfkpFSRmrLWx5kucBBZsmQlbtROEfZTujwUBBbWMQAbLFTeBB_mdLQAw3YEBQcvRz0zLGwP10CY28J1ow" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="3649" data-original-width="2745" height="606" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh8MrVvi81BpQFpMU4U46FCzEl1eeV2I9w1fnFTzH-QP8WLmfDUyLM1ZGxu8xGu2yyTsmFa6zVwNxWlbvcvZjH3mznuqniRbVaimqKcmooRfkpFSRmrLWx5kucBBZsmQlbtROEfZTujwUBBbWMQAbLFTeBB_mdLQAw3YEBQcvRz0zLGwP10CY28J1ow=w456-h606" width="456" /></a></div><br />Ignoranza e superficialità o revisionismo storico premeditato?<p></p><p>Dalla finestra di Overton spira un vento gelido.<br /></p><p>Fortunatamente, ci sono ancora persone che resistono, conoscono la storia e sono disposte a farla conoscere a chi non se ne cura.</p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-79232281965179065082023-03-29T16:06:00.000+02:002023-03-29T16:06:17.564+02:00Dì qualcosa di sinistra<p>Lo diceva Nanni Moretti a Massimo D'Alema nel suo film Aprile del 1998; l'anno dopo, il 24 marzo 1999 (un altro triste anniversario), il Presidente del Consiglio, dava il via al bombardamento su Belgrado.</p><p>Da allora, è passata molta acqua sotto i nostri ponti e la sinistra sembra scomparsa dal nostro paese, allora andiamo a cercarla altrove: Jean-Luc Melanchon durante le proteste contro Macron marzo 2023:</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='477' height='397' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dwEyEb26-2NtsW_bHuqlZLeSsdnw5Xrv8kU7QH-7C4qvJDL_K52FQHaWHWLFKyyNTQ7_tY1rFLXRcI167gTDQ' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><p>In questi giorni tristi mi piace ricordare così Gianni Minà, un uomo mite e intelligente, un bravo giornalista, un essere umano.<br /></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNRI-0b6a-shu56e3E2xVCrvVxXOk8Q1CROR1SvaAn3p3vwOwm094ChO-uWo2g3O0tBA32_w5NxC60Va1gOI1zVd_cMqcEc5ZfJS4KE1Tln1bTeI7j-Ce7Dbe_UnY_UgrsY-LilYiN3i7LyIKpW1E3BHSaTniy8Bmx3-lx3rHYFAW2JkVrtM9mY82d/s639/GIANNI%20MINA%CC%80.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="639" data-original-width="564" height="502" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNRI-0b6a-shu56e3E2xVCrvVxXOk8Q1CROR1SvaAn3p3vwOwm094ChO-uWo2g3O0tBA32_w5NxC60Va1gOI1zVd_cMqcEc5ZfJS4KE1Tln1bTeI7j-Ce7Dbe_UnY_UgrsY-LilYiN3i7LyIKpW1E3BHSaTniy8Bmx3-lx3rHYFAW2JkVrtM9mY82d/w442-h502/GIANNI%20MINA%CC%80.jpeg" width="442" /> </a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Ringrazio @Garbo per la foto (rubata) dal suo bellissimo post che invito a leggere e vedere:</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://garbounic.blogspot.com/2023/03/gianni-mina.html">https://garbounic.blogspot.com/2023/03/gianni-mina.html</a></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com21tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-43340701466520211422023-03-08T14:37:00.001+01:002023-03-08T14:37:09.974+01:00Lotto marzo<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguPmZmz5LVaYCXTSb2A5RX4IdXvIi8kYSKxVbPLO7bXdWZzSSnY9UcjhXDUZfd7gJGZ9kxzI_yFxQM_Y1MruBaVXNGPRNEWJb97ZzfPNqWw0l5AbzfX6FZEGhRRNIkAEFkVrg5WnCu1EDpzcQX0aPmvYYsi-H8gI6t2GIspT55PxkauRQujBHmJ_Vv/s1024/8%20marzo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="878" height="569" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEguPmZmz5LVaYCXTSb2A5RX4IdXvIi8kYSKxVbPLO7bXdWZzSSnY9UcjhXDUZfd7gJGZ9kxzI_yFxQM_Y1MruBaVXNGPRNEWJb97ZzfPNqWw0l5AbzfX6FZEGhRRNIkAEFkVrg5WnCu1EDpzcQX0aPmvYYsi-H8gI6t2GIspT55PxkauRQujBHmJ_Vv/w486-h569/8%20marzo.jpg" width="486" /></a></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-22510358429612871622023-01-31T11:43:00.001+01:002023-01-31T11:43:56.056+01:00Il racconto “1984” sta diventando realtà?<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgig6EGolIuBKm8JeH6ne0rrKi8KYAxTL5O-a1LtwsVmzfXjh3OUCJGQunKlHRse4jYcBWnZzlskokRMeJ9xcPQDaEdIgGXrKDj44o2s9_9uSTZ3EW0O7NCXe7gGgFMw0BF_DEypWjCSKNX97mZppJMO1D4eQF-cmMzSCTeGb_igI2O-MD-JBCK3VGf/s336/OIP.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="236" data-original-width="336" height="332" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgig6EGolIuBKm8JeH6ne0rrKi8KYAxTL5O-a1LtwsVmzfXjh3OUCJGQunKlHRse4jYcBWnZzlskokRMeJ9xcPQDaEdIgGXrKDj44o2s9_9uSTZ3EW0O7NCXe7gGgFMw0BF_DEypWjCSKNX97mZppJMO1D4eQF-cmMzSCTeGb_igI2O-MD-JBCK3VGf/w471-h332/OIP.jpg" width="471" /></a></div><em><span style="font-style: normal;">Nel 1940 George Orwell
scrisse:</span></em><p></p>
<p><em>“Quasi certamente stiamo entrando in un’era di dittature
totalitarie, un’epoca in cui la libertà di pensiero sarà dapprima
un peccato mortale e poi un’astrazione senza senso. L’individuo
autonomo sarà cancellato dall’esistenza”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">La verità è che Il romanzo
distopico 1984 di Orwell, è nato come un’opera di finzione, ma
molte cose rappresentate riflettono le realtà politiche di molte
nazioni, passate e presenti.</span></em></p>
<p><em>“…almeno tre quarti di ciò che narra Orwell non è
un’utopia negativa, ma storia.”</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Parola del nostro caro
Umberto Eco</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Riferendosi al suo tempo
trascorso a Belgrado sotto il regime comunista, Lawrence Durrell ha
scritto che:</span></em><em> “Leggere [1984] in un paese comunista
è davvero un’esperienza perché si può vedere tutto intorno a
sé”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;"><a href="https://numero6.org/attualita/il-racconto-1984-sta-diventando-realta/">In
questo video</a> esploreremo alcune delle somiglianze tra i sistemi
totalitari del 20° secolo e quello di Orwell in 1984, e come
risulterà evidente, molti di questi tratti totalitari stanno
riemergendo nel mondo moderno a partire dal 2020.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Questa indagine sarà
condotta riconoscendo che il totalitarismo si basa sul sostegno di
massa, e quindi le società contemporanee hanno un disperato bisogno
di gente che non supporti questa forma brutale di governo.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Poco dopo la pubblicazione
del 1984, Orwell spiegò:</span> “La morale da trarre da questa situazione da incubo è
semplice. Non lasciare che accada. Dipende da te.”</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Il totalitarismo di George
Orwell è un sistema politico in base al quale un apparato statale
centralizzato tenta di controllare praticamente tutti gli aspetti
della vita.</span></em></p>
<p><em>“Tutto dentro lo stato, niente fuori dallo stato, niente
contro lo stato”,</em><em><span style="font-style: normal;"> ha
detto succintamente il dittatore italiano Mussolini.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Mentre il totalitarismo può
emergere sotto le spoglie di varie ideologie politiche, nel 20°
secolo sono stati il comunismo e il fascismo a fornire il supporto
ideologico per questo tipo di governo.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Il comunismo e il fascismo
sono spesso visti agli estremi opposti dello spettro politico, ma nel
modo in cui sono stati messi in pratica nel 20° secolo entrambi
questi sistemi dimostrano le caratteristiche di uno stato totalizzato
e tutto-controllante.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Entrambi usano la forza e la
propaganda per ottenere il potere, schiacciare le libertà economiche
e civili, soffocare la cultura, partecipare alla sorveglianza di
massa, terrorizzare la cittadinanza con la guerra psicologica e,
infine, la reclusione di massa e l’omicidio di massa.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Parlando della Russia
comunista di Stalin e della Germania nazista di Hitler, Orwell ha
spiegato: “I due regimi, essendo partiti
da fini opposti, si stanno rapidamente evolvendo verso lo stesso
sistema: una forma di collettivismo oligarchico”.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Nei sistemi politici
comunisti e fascisti del 20° secolo, e nel libro 1984, il regime
totalitario ha mantenuto una stretta presa di controllo sulla
popolazione attraverso <b>l’uso della paura artificiale.</b></span></em></p>
<p><em>“I leader totalitari, sia di destra che di sinistra, sanno
meglio di chiunque altro come sfruttare la paura… </em><br /><em>Vivono
grazie al caos e allo smarrimento… </em><br /><em>La strategia della
paura è una delle loro tattiche più preziose”. </em><em><span style="font-style: normal;">Ha
dichiarato <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Joost_Meerloo#:~:text=Il%20libro%20più%20famoso%20di%20Meerloo%20è%20Rape,nei%20regimi%20totalitari%20durante%20la%20Guerra%20di%20Corea.">Joost
Meerloo nel libro Rape of the Mind</a></span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">La sorveglianza costante di
tutti i cittadini è stato uno strumento aggiuntivo nel regime
totalitario del libro 1984.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">La sorveglianza non solo ha
consentito un controllo più efficace della cittadinanza, ma ha anche
indotto paura, cosi da abbassare le probabilità che qualsiasi
cittadino provasse a ribellarsi.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Questa sorveglianza è stata
ottenuta, in primo luogo, attraverso la tecnologia del teleschermo
che è stato installato nelle case di tutti e per le strade, e come
ha spiegato Orwell:</span></em></p>
<p><em>“Il teleschermo riceveva e trasmetteva contemporaneamente…
Ovviamente non c’era modo di sapere se si veniva osservati in un
determinato momento… Era persino probabile che guardassero tutti
tutto il tempo. Ma in ogni caso potevano collegare il tuo cavo ogni
volta che volevano. Dovevi vivere di abitudine nel presupposto che
ogni suono che facevi fosse udito e, tranne che nell’oscurità,
ogni movimento scrutato.”</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">In secondo luogo, la
sorveglianza di massa della cittadinanza è stata condotta dagli
stessi cittadini nel libro 1984.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Ogni persona osservava tutti
gli altri e ogni persona era, a sua volta, osservata da tutti gli
altri.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Quando il Grande Fratello
appariva in televisione, qualsiasi dichiarazione innocua o un sguardo
di disapprovazione veniva denunciato alla Polizia del Pensiero e
trattata come un “crimine mentale” o un “crimine facciale” –
Questo per provare che una persona era sleale e aveva qualcosa da
nascondere.</span></em></p>
<p><em>“Per noi è intollerabile che esista in qualsiasi parte del
mondo un pensiero errato, per quanto segreto e impotente possa
essere.”, </em><em><span style="font-style: normal;">ha fatto
spiegare Orwell al personaggio di O’Brien.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Nella Russia stalinista,
Aleksandr Solzhenitsyn ha osservato che non si può mai essere sicuri
se i propri vicini, amici, colleghi, il postino, o in alcuni casi
anche la propria famiglia, avrebbero denunciato alla polizia segreta
qualsiasi cosa come un lapsus, una critica a Stalin o al comunismo.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Perché se uno veniva
denunciato, il loro destino era solitamente segnato: la polizia
bussava alla porta nel cuore della notte e subito dopo veniva data la
condanna standard di un “tenner” – cioè 10 anni di lavori
forzati nel gulag (i campi di prigionia).</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Questa forma di sorveglianza
ha creato condizioni sociali in cui <b>la maggior parte dei cittadini ha
adottato l’ipocrisia e la menzogna come stile di vita</b>, o come
spiega <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Arcipelago_Gulag#:~:text=Arcipelago%20Gulag%20è%20un%20saggio%20di%20inchiesta%20narrativa,,politica%20disseminò%20l'Unione%20Sovietica%20di%20campi%20di%20concentramento.">Solzhenitsyn
in The Gulag Archipelago</a>:</span> “La menzogna permanente diventa l’unica forma sicura di
esistenza… Ogni agitazione della lingua può essere ascoltata da
qualcuno, ogni espressione facciale osservata da qualcuno. Perciò
ogni parola, se non deve essere una menzogna diretta, è comunque
obbligata per non contraddire la menzogna generale e comune. Esiste
una raccolta di frasi già pronte, di etichette, una selezione di
bugie già pronte”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Oltre a uno stato di paura
onnipresente, nel totalitarismo esiste anche uno stato di confusione
e disorientamento mentale tra i cittadini.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Joost Meerloo ha spiegato:</span> “Molte vittime del totalitarismo mi hanno detto durante le
interviste che l’esperienza più sconvolgente che hanno dovuto
affrontare è stata la sensazione di perdita della logica, lo stato
di confusione in cui erano state portate, lo stato in cui nulla aveva
senso.”</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">In 1984, è stato usato un
disorientamento mentale attraverso la falsificazione della storia e
la negazione del concetto di verità oggettiva.</span></em></p>
<p><em>“Il Ministero della Verità è stata l’istituzione che ha
falsificato la storia. Tutto svanì nella nebbia. Il passato è stato
cancellato, la cancellazione è stata dimenticata, la menzogna è
diventata verità”.</em></p>
<p><b><em><span style="font-style: normal;">Uno dei motivi per cui i
regimi totalitari tentano di alterare la storia è perché libera la
società da qualsiasi punto di riferimento del passato, o standard di
confronto, che potrebbe ricordare ai cittadini che la vita in passato
era decisamente meglio di quella attuale cosi sterile e opprimente.</span></em></b></p>
<p><em>“Entro vent’anni al massimo, l’enorme e semplice
domanda: ‘La vita era migliore prima della Rivoluzione di quanto
non lo sia ora?’ avrebbe smesso una volta per tutte di essere
risolvibile”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Ma un altro motivo per cui la
storia è falsificata dai totalitari è garantire che non ci siano
radici storiche alle quali il cittadino possa ancorare e trovare
verità, sostentamento e forza.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Nel totalitarismo non possono
esserci informazioni storiche che contraddicano o mettano in
discussione l’ideologia politica regnante, né alcuna istituzione,
come una religione, che offra all’individuo un rifugio
dall’influenza dello Stato.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Affinché un regime
totalitario condizioni la cittadinanza ad accettare tutto ciò che
gli viene fatto, deve controllare il passato, e così come scrisse
Orwell nel 1984:</span></em></p>
<p><em>“Ogni record è stato distrutto o falsificato, ogni libro è
stato riscritto, ogni quadro è stato ridipinto, ogni statua, strada
ed edificio è stato rinominato, ogni data è stata alterata. E quel
processo continua giorno dopo giorno e minuto dopo minuto. La storia
si è fermata. Nulla esiste tranne un presente infinito in cui il
Partito ha sempre ragione”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Oltre a distruggere o
falsificare il passato, il diffuso disorientamento mentale viene
ulteriormente coltivato distruggendo la fede nella verità oggettiva.</span></em></p>
<p><b><em><span style="font-style: normal;">Questo viene fatto attraverso
un programma di guerra psicologica. Propaganda incessante e
intenzionalmente confusa, rapporti contrastanti e palesi bugie,
vengono pompati nei “rapporti ufficiali” e attraverso i mass
media a tutte le ore del giorno.</span></em></b></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Ciò che si dice oggi non ha
attinenza con ciò che si potrà dire domani, poiché, come ha
spiegato Orwell: </span></em><em>“Lo stato totalitario stabilisce
dogmi indiscutibili, e li altera di giorno in giorno. Ha bisogno dei
dogmi, perché ha bisogno dell’obbedienza assoluta dei suoi
sudditi, ma non può evitare i cambiamenti, che sono dettati dalle
esigenze della politica di potere”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">In 1984, ad esempio, il
Ministero dell’Abbondanza pubblicò un bollettino secondo cui
stavano aumentando la razione di cioccolato a venti grammi a
settimana.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Orwell scrive:</span></em></p>
<p><em>“Sembra ieri che il ministro aveva annunciato che la razione
del cioccolato era da ridurre a 20 grammi a settimana. Ma com’è
possibile che i cittadini dopo sole 24 ore sì erano dimenticati di
quanto era stato dichiarato? Che la parola ridurre era stata
sostituita con aumentare? Soltanto lui aveva il dono della memoria?”</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;"><b>Inoltre, le contraddizioni,
le ipocrisie e le bugie costituiscono il fondamento dell’ideologia
totalitaria</b>.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Il sistema totalitario
presenta l’asservimento dell’individuo come sua liberazione;
censurare le informazioni viene definito come proteggere la verità;
la distruzione della cultura o dell’economia si chiama suo
sviluppo; l’occupazione militare di altri paesi è etichettata come
promozione della libertà e della pace.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">In 1984, il Ministero della
Pace istigò guerre, il Ministero della Verità produsse propaganda e
il Ministero dell’Abbondanza creò carenze.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Sull’enorme struttura
piramidale del Ministero della Verità erano appese le parole:</span></em><em>
“LA GUERRA È </em><em>PACE. LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ. L’IGNORANZA
È FORTE.”</em></p>
<p><em>“L’ideologia ufficiale abbonda di contraddizioni anche
dove non vi è alcuna ragione pratica per esse. Queste contraddizioni
non sono casuali.”</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Lo scopo di questo programma
onnicomprensivo di guerra psicologica è di confondere la mente del
cittadino medio.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Perché quando il cittadino è
bombardato da contraddizioni e bugie e vive in quello che Orwell
chiamava </span></em><em>“quel mondo fantasmagorico mutevole in cui
domani il nero potrebbe essere bianco e il meteo di ieri può essere
cambiato per decreto”, alla fine smette di sapere cosa pensare, o
anche come pensare.</em></p>
<p><em>La distinzione tra alto e basso, realtà e finzione, verità e
falsità, non solo è offuscata, ma perde significato.</em></p>
<p><em>La credenza nella verità oggettiva scompare e il cittadino
medio diventa completamente dipendente da figure autoritarie per
alimentarlo con le idee, ed è quindi pronto a credere alle bugie e
alle cose più assurde, purché quelli della classe politica lo
dichiarino vero.</em></p>
<p><em>Il funzionario sovietico <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Georgij_Leonidovič_Pjatakov">Gyorgy
Pjatakov</a></em><em> spiegò che “il vero bolscevico sarebbe
pronto a credere che il nero fosse bianco e il bianco fosse nero, se
il Partito lo richiedeva. Non era rimasta alcuna particella dentro di
lui che non fosse tutt’uno con il Partito, non gli apparteneva”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;"><a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Leszek_Kołakowski">Leszek
Kolakowski</a>, un filosofo esiliato dalla Polonia per le sue
critiche al comunismo e al marxismo, scrisse:</span></em></p>
<p><em>“Questo è ciò che i regimi totalitari cercano
incessantemente di ottenere. Le persone la cui memoria, personale o
collettiva, è stata nazionalizzata, è diventata di proprietà
statale e perfettamente malleabile, totalmente controllabile, sono
interamente alla mercé dei loro governanti; sono stati privati della
loro identità; sono indifesi e incapaci di mettere in discussione
qualsiasi cosa gli venga detto di credere. Non si ribelleranno mai,
non penseranno mai, non creeranno mai; sono stati trasformati in
oggetti morti”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Nel 1984, il personaggio
principale Winston riesce per la maggior parte del libro a rimanere
psicologicamente fuori dalla portata del Partito e del suo leader, il
Grande Fratello, nonostante la paura diffusa e il disorientamento
mentale che gli turbina intorno.</span></em></p>
<p><em>“<span style="font-style: normal;">Abbasso il Grande
Fratello”, scrive nel suo diario, all’inizio del libro. Tuttavia,
dopo essere stato arrestato dalla Polizia del pensiero e sottoposto a
“rieducazione”, Winston abdica alla sua ragione e coscienza e
inizia ad accettare le bugie.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Si unisce al culto
totalitario e diventa un altro mattone nel muro dello Stato
onnipotente.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Riferendosi a Winston, Orwell
scrive:</span></em><br /><em>“Non poteva più combattere contro il
Partito. Inoltre, il Partito aveva ragione. Si trattava semplicemente
di imparare a pensare come pensa il partito. La matita era spessa e
goffa tra le dita di Winston. Cominciò a scrivere i pensieri che gli
passavano per la testa. Scrisse dapprima a grandi e goffi maiuscoli:
</em><br /><em>LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ.</em></p>
<p><em>Poi quasi senza sosta scrisse sotto di essa:</em></p>
<p><em>DUE piu’ DUE fa CINQUE.</em></p>
<p><em>La lotta era finita.</em></p>
<p><em>Aveva perso. Amava il Grande Fratello”.</em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Alcuni hanno preso questo
finale come un segno del pessimismo di Orwell, come un’indicazione
che l’umanità è condannata a un futuro totalitario.</span></em></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Tuttavia, il motivo per cui
Orwell ha scritto questo libro non era di deprimere né promuovere
un’apatia fatalistica, ma di mettere in guardia e spingere
all’azione quante più persone possibile.</span></em></p>
<p><b><em><span style="font-style: normal;">Perché Orwell ha capito che
nella battaglia tra totalitarismo e libertà nessuno può permettersi
di farsi da parte.</span></em></b></p>
<p><em><span style="font-style: normal;">Il destino di ognuno di noi è
in bilico perchè ricorda:</span>“Non lasciare che accada. Dipende da te fermarlo.” </em></p><p><em> </em></p><p style="margin-bottom: 0cm;">Tratto da: <a href="https://numero6.org/attualita/il-racconto-1984-sta-diventando-realta/">https://numero6.org/attualita/il-racconto-1984-sta-diventando-realta/</a></p>
<p><em> </em></p><p>
</p><p style="margin-bottom: 0cm;">1984 è un film britannico del 1984 diretto da Michael Radford: </p><p style="margin-bottom: 0cm;"><a href="https://www.youtube.com/watch?v=sykvUmjdJcw" target="_blank">1984
FILM - Il Grande Fratello di George Orwell </a>
</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><a href="https://youtu.be/sykvUmjdJcw">https://youtu.be/sykvUmjdJcw</a></p>
Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-81632457285505623392023-01-19T15:03:00.002+01:002023-01-19T15:03:26.368+01:00Ancora su questo anniversario<div class="post__title single__title" style="text-align: left;"> Un po' lungo ma si legge tutto d'un fiato, questo articolo apparso su <a href="https://www.iltascabile.com">iltascabile</a><br /></div><h1 class="post__title single__title"><span style="font-size: x-large;">Vitaliano Trevisan e l’arte della fatica</span></h1>
<h2 class="post__excerpt single__excerpt"><span style="font-size: small;">Un profilo dello scrittore veneto a un anno dalla morte.</span></h2>
<div class="single__authorDetail">
<div class="authorBio">
<div class="authorBio__bio"><img alt="" class="attachment-featured size-featured wp-post-image lazy loaded" data-sizes="(max-width: 1280px) 100vw, 1280px" data-src="https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia.jpg" data-srcset="https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia.jpg 1280w, https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia-375x184.jpg 375w, https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia-768x377.jpg 768w, https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia-1024x503.jpg 1024w, https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia-240x118.jpg 240w, https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia-360x176.jpg 360w" data-was-processed="true" height="234" src="https://www.iltascabile.com/wp-content/uploads/2023/01/Vitaliano_Trevisan-copia.jpg" width="461" />
</div>
</div>
</div>
<div class="single__content">
<div class="single__contentWrapper l-wrapper"><span class="dropcap ">Q</span>uando uscì <i>I quindicimila passi</i> – era il 2002 –, il suo autore, Vitaliano Trevisan (si legge <i>Trevisàn</i>), si trovava in Kenya a masticare foglie di <i>qat</i>.
Con l’ansia di dover tornare a casa, prima o poi: “nel mio delirio,
iniziato ben prima di partire, mi ero convinto che non sarei tornato”.
Il testo di <a href="https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwjMmev6p7r8AhXrQvEDHfzkBx4QFnoECAoQAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.einaudi.it%2Fcatalogo-libri%2Fnarrativa-italiana%2Fnarrativa-italiana-contemporanea%2Fworks-vitaliano-trevisan-9788806254292%2F&usg=AOvVaw3Jw2LoNYYu9wcpMEpYnDBq" rel="noopener" target="_blank"><i>Works</i></a>
(2016; ed. ampliata 2022) lo esprime con la massima chiarezza: il
rientro in Italia è la morte, l’Africa è la vita; casa sua una cripta in
attesa del feretro, la stanza in affitto a Mombasa una promessa di
felicità. E tutto ciò sebbene il rientro coincidesse, allora, dopo
decenni di lavori vari ed eventuali, e <i>faux pas</i>, intoppi e false partenze puntualmente e magnificamente raccontati nell’autobiografico <i>Works</i>, con l’inizio a lungo atteso della sua “seconda vita” di scrittore e drammaturgo a pieno titolo.
<p>Poco tempo fa – vent’anni dopo – è uscito il racconto di una sua
ulteriore “fuga in Africa”, il cui manoscritto, incompiuto, è stato
consegnato dall’autore alla casa editrice prima del suicidio, avvenuto
il 7 gennaio dello scorso anno nella sua casa a Crespadoro, in provincia
di Vicenza. È il postumo <a href="https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwj5q5j9p7r8AhU7X_EDHeFDAA4QFnoECAsQAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.einaudi.it%2Fcatalogo-libri%2Fnarrativa-italiana%2Fnarrativa-italiana-contemporanea%2Fblack-tulips-vitaliano-trevisan-9788806211080%2F&usg=AOvVaw2I3NRaF1wbiY5AmiNwhJRA" rel="noopener" target="_blank"><i>Black Tulips</i></a>,
resoconto di un’esperienza in Nigeria risalente al periodo in cui, poco
prima del successo letterario, Trevisan lavorava come portiere di
notte. Immaginando di mettere su un import-export di pezzi usati di
ricambio per automobili, e forte della sua esperienza diretta delle
comunità <i>edo</i> e <i>igbo</i> in Veneto, conosciute tramite la sua
regolare frequentazione di prostitute nigeriane, Trevisan, come racconta
nel libro, si era recato prima a Lagos e poi a Benin City (da cui
proverrebbe <a href="https://www.corriere.it/sette/17_novembre_23/benin-city-nigeria-tratta-prostituzione-l-orrore-che-ignoriamo-da1e1f60-ce02-11e7-a3ca-40392580f143.shtml" rel="noopener" target="_blank">l’85%</a> delle prostitute nigeriane in Italia) per seguire Ade, rimpatriata perché clandestina.</p>
<p>Avventore dei bassifondi, antipuritano, immoralista, emarginato e
dunque vicino agli emarginati cosiddetti, nel suo ultimo libro Trevisan,
Céline nostrano, non fa mistero di avere in odio l’ipocrisia, la
pubblica morale e un’ideologia “progressista, umanitaria e corretta”,
che sulla prostituta e chi la frequenta impongono il loro stigma. Ma
soprattutto <i>Black Tulips</i> tenta di mostrare lo scopo del viaggio:
vedere con i propri occhi, questa l’espressione ripetutagli dalle
ragazze frequentate. Vedere con i suoi occhi e comprendere, e mettere in
discussione il suo sguardo da <i>oyibo</i>, da non indigeno, che è quasi inevitabilmente anche quello del lettore – “Ed era proprio questo a darmi fastidio: sentirmi <i>bianco</i> oltre il colore della pelle, cioè rispondere effettivamente, intimamente, a quell’inesorabile epiteto, <i>oyibo</i>”.
Liberarsi, dunque, del proprio punto di vista imposto, che è “un
occhiale eminentemente economico, di mercato”, e al contempo
“lentissimissimamente re-imparare a sentire”. E idealmente rinunciare
alla letteratura, già che c’è, <i>à la</i> Rimbaud. C’era un modo migliore per congedarsi dal mondo, e dalle lettere, che con un libro come questo?</p>
<p><b>Un destino</b><br />
Idealmente, <i>Black Tulips</i> riempie uno dei vuoti di <i>Works</i>, che d’altro canto non è che un’“autobiografia selettiva”, come l’ha <a href="https://www.raiplaysound.it/audio/2022/01/Fahrenheit-del-10012022-63ef7f9d-4f1a-4c2f-a60b-9d2126727097.html" rel="noopener" target="_blank">definita</a>
Paolo Zublena, perché incentrata sui molteplici lavori svolti da
Trevisan prima dei riconoscimenti letterari. Entrambi rientrano in
quella che è stata chiamata la “svolta autobiografica” della sua
produzione. Non che elementi marcatamente biografici mancassero nei
primi romanzi (la “pseudo-trilogia” bernhardiana di <i>Un mondo meraviglioso</i>, 1996, <i>I quindicimila passi</i> e <i>Il ponte</i>,
2007), anzi: li ritroviamo pressoché immutati, soltanto riscritti, nei
libri successivi. (Né erano assenti anche nel personaggio da lui scritto
e interpretato per <i>Primo amore</i> di Matteo Garrone, suo sconcertante esordio cinematografico, che fin dal titolo – beckettiano – tradisce la mano di Trevisan).</p>
<p></p>
<p>Si tratta piuttosto di un alleggerimento stilistico, uno smarcarsi
dai propri modelli. Ora Trevisan, quando parla di sé, non deve più
“inventare” o “affabulare”, quanto mettere insieme i ricordi, trovare
una loro espressione in termini di racconto, il che costringe a un
lavoro essenzialmente stilistico. E lo stile è sempre, nel senso più
alto, contenuto, perché è innanzitutto espressione di sé. Si fa perfetto
proprio là dove in apparenza la materia, il contenuto cosiddetto, ha
meno a che fare con la poiesi, la creatività e, peggio di tutto, la
fantasia, ma è solo, in senso assoluto, arte del raccontare. È proprio
in questi testi che si coglie la natura più intima dello scrittore
Trevisan – il suo <i>ego scriptor</i>, per dirla con Pound e Valéry. La
vita dello scrittore è già letteratura, perché chi scrive non può fare a
meno, vivendo, di pensarla in termini di letterarietà.</p>
<p>Addirittura, la vita dell’autore, scrive Trevisan in <i>Black Tulips</i>,
dichiarando (per l’ennesima volta) i suoi modelli – dalla trimurti
Bernhard-Beckett-Bacon ai vari Tennessee Williams, Joe Orton, Rainer
Werner Fassbinder, William Burroughs –, “non è mai altro dall’opera”,
anzi, “vivere o scrivere […], per chi scrive, è lo stesso”. L’uno si
tramuta nell’altro, l’uno esiste solo in funzione dell’altro.</p>
<p>È il gioco sull’ambiguità semantica contenuto nel titolo <i>Works</i>,
come spesso osservato: l’odissea nel “mondo del lavoro” compiuta
dall’autore, sì, ma anche il primato delle opere (letterarie, e non
solo). Da un lato, il <i>mémoire</i> si pone contro l’“ansia di
realizzazione di se stessi attraverso il lavoro” – la “fede nel lavoro”
assunta a religione pubblica, come se questo avesse un potere salvifico o
quantomeno “valorizzante”, da tappabuchi esistenziale (quale altro
senso di “realizzare se stessi”, ossia di “rendersi reali”, se la
maggior parte delle persone, quando sono prive di occupazione, nutrono
dubbi sulla propria esistenza?). Dall’altro, non tace la gioia del
lavoro ben fatto – le “scaled invention” e “true artistry” poundiane –
né il fatto che, alla fine, contano (e restano) solo le opere prodotte,
di cui <i>Works</i> è la summa e il commento. Perché mai come in <i>Works</i>, e in <i>Black Tulips</i>, si percepisce la sua consapevolezza di <i>essere</i> uno scrittore.</p>
<blockquote class="blockquote "><i>Works</i> è l’opera monumentale, dunque, che racconta il lungo apprendistato di uno scrittore per diventare ciò che egli è.</blockquote>
<p>Domandandosi come si è salvato dall’eroina (“Inevitabile questione
generazionale”, per un nato nel 1960 che, come nel suo caso, non è stato
estraneo alle droghe), si risponde che forse a salvarlo fu proprio la
scrittura – o meglio, siccome al tempo non scriveva nulla, l’idea di
poterne, un giorno, scrivere, coltivando nell’attesa il malinconico
“occhio […] del corrispondente”, dell’osservatore, che vive guardandosi
vivere. Per questo, le quasi settecento pagine di <i>Works</i> sono
attraversate dalla consapevolezza di una vocazione, o di un destino, che
l’ha tenuto vivo attraverso, e nonostante, i diversi lavori,
l’alienazione, i fallimenti (“Scrivo, e ho l’impressione che questo sia <i>per sé</i> un destino”, ammetteva già in uno degli <i>essais</i> di <i>Tristissimi giardini</i>, 2010, chiosando: “A ciascuno il suo contagocce”). <i>Works</i>
è l’opera monumentale, dunque, che racconta il lungo apprendistato di
uno scrittore per diventare ciò che egli è, quasi parafrasando Nietzsche
(e non solo, come ha <a href="https://www.lavoroculturale.org/soldi-sul-fallimento-lunga-conversazione-vitaliano-trevisan/nicolas-gruarin/2017/" rel="noopener" target="_blank">detto</a> il suo autore, un tentativo di “fare soldi sul proprio fallimento”).</p>
<p>Anche “se non scrivevo una riga, né tenevo un diario o altro, ero pur
sempre uno scrittore, e, in questo senso, niente di ciò che avevo fin
lì vissuto era stato buttato via, semmai il contrario”. Un’idea in cui
rifugiarsi “quando non restava altro”, di fronte a decenni di delusioni,
arresti, crisi, tracolli, passi falsi, separazioni, perdite. “Certo,
prima o poi avrei dovuto iniziare a scrivere, ma rimandavo. Meglio
vivere un altro po’, mi dicevo, perché quando inizierò a scrivere, se
dovessi fallire, allora sì che non avrò alcun posto dove rifugiarmi”.
Iniziare, finalmente, a scrivere significa non avere più scuse né alibi:
“una volta iniziato, non mi sarebbe stato possibile tornare indietro”.
Come poi, nei fatti, è stato.</p>
<p><b>Un conto in sospeso con la morte</b><br />
Se già <i>Works</i>, con la sua relativa linearità e la struttura
tematica, costituiva un’innovazione considerevole rispetto agli esordi
nel solco di Thomas Bernhard, c’è in <i>Black Tulips</i> un ulteriore
scarto, questa volta ai limiti dello sperimentalismo (complice anche,
forse, la sua natura incompiuta e preliminare). Lo compongono “frantumi e
frammenti” giustapposti e inanellati, talvolta solo note e abbozzi,
scarni, sincopati. Ed è fortissima l’impostazione intermediale dello
scritto: il ritmo è mutuato dagli studi di batteria dell’autore; le
pause drammaturgiche dei dialoghi vengono dalla sua esperienza teatrale;
la necessità di ribadire che la storia è in “bianco e nero”, eccetto
per selezionate note di colore puntualmente segnalate, dimostra una
sviluppata sensibilità cinematografica, oltre che uno sguardo
“fotografico” e sempre meno narrativo – lontanissimo, in questo senso,
dalla diegesi assoluta dei romanzi bernhardiani.</p>
<p>Agli antipodi, oltretutto, rispetto alle complicazioni sintattiche e alla lingua “neutra” di prima, troviamo qui – come già in <i>Works</i> – espressioni <i>forèste</i> (fin dai titoli) e addirittura nel <i>pidgin</i> nigeriano, nonché nell’<i>argot</i>
veneto dell’autore (solo idioma in cui dicesse di sentirsi a casa); e
altresì una semplificazione della sintassi e della grammatica che va in
direzione della loro rottura, anche a costo di esiti strampalati,
“primitivi”: “non sono io (in negativo odiato pronome posso scrivere)”, o
“umani stanco in vita, da morto lasciato in pace vorrei essere lasciato
non essere. In pace”.</p>
<blockquote class="blockquote ">Sulla dipendenza dei primi lavori da
Thomas Bernhard si è detto molto, il debito è talmente evidente da
costringere alla domanda: è un omaggio? un plagio? un’imitazione? un
apocrifo cisalpino?</blockquote>
<p>Il tutto in un movimento verso il puro cuore espressivo, e selvaggio,
della lingua, anche graficamente parlando, che corrisponde alla
semplificazione assoluta di sé, a un alleggerimento dalle sovrastrutture
psichiche e culturali: “Dovrei continuare da dove ho lasciato. Ma chi
lo dice? Non Io (eco beckettiana); Io non sono; non più Io; mai più Io.
Non dopo ciò che ho scritto. Per come l’ho scritto”. Il risultato è a
tratti allucinato e delirante, ma niente affatto insensato, pensando al
percorso letterario compiuto da Trevisan, che qui si vuole ricordare.</p>
<p>Sulla dipendenza dei primi lavori da Thomas Bernhard si è detto
molto, anche perché, per chi conosce quest’ultimo e si avvicina a
Trevisan, il debito è talmente evidente da costringere alla domanda: è
un omaggio? un plagio? un’imitazione? un apocrifo cisalpino? Dal nome
del protagonista, Thomas, al discorso indiretto libero “riportato” (la
cosiddetta <i>berichtete Rede</i>), con tanto di incisi diegetici con <i>verba dicendi</i> e altre simili strategie enunciative, fino al personaggio alienato, incatenato al proprio soliloquio: tutto sembra un <i>pastiche</i> di Bernhard.</p>
<p>E tutto, come in Bernhard, avviene all’ombra della morte di qualcuno,
annunciata o implicata fin dalle prime righe, dove il narratore, colui
che rimane, deve vivere, gestire, subire e soffrire le conseguenze
dell’altrui scomparsa. A dimostrazione, nell”uno come nell’altro,
dell’onnipotenza del pensiero della morte, che rompe qualsiasi difesa,
rende incolmabile qualsiasi vuoto, vanifica ogni speranza di
sopravvivenza autonoma. Nessun pensiero <i>altro</i> regge contro lo
straripare del pensiero dell’assenza. E la scrittura si rivela allora
per ciò che è: un tentativo di colmare l’abisso. Di riempire il
silenzio, il “vuoto intollerabile” in cui siamo stati lasciati, con un
flusso di parole che sia altrettanto incontenibile. Ma sono sempre
parole che, nascendo dal pensiero della morte e dal vuoto, possono a
malapena celarli. Prima o poi anche l’amuleto della scrittura viene
meno; banalmente, il testo finisce, nell’uno e nell’altro, sulla
constatazione della morte. Che ha così, letteralmente, l’ultima parola.
Come scrive Trevisan ne <i>Il ponte</i>, “la scrittura ha sempre un
conto in sospeso con la morte”. Ed è questo l’aspetto che rimane
certamente fino alla fine, ossia fino a <i>Black Tulips</i>.</p>
<p>Su questa dipendenza si è, appunto, scritto di tutto – chi lodando
l’“epigonismo radicale” di Trevisan come “segno paradossale di libertà
inventiva” (Emanuele Trevi), chi stroncandolo perché “calco […]
stucchevole” e “imitazione dell’altrui nichilismo” (Franco Cordelli – il
quale, anni più tardi, però, gli riconobbe di essere maturato,
liberandosi da questa “ipoteca stilistica”). Zublena ha definito quella
del Thomas di Trevisan come un’“esistenza mancata”, un caso di
“ventriloquia” del Bernhard di cui porta il nome: il personaggio pensa,
scrive e racconta come lo scrittore austriaco perché – e questo nei
testi è esplicito – è da lui ossessionato ai limiti della mitomania,
finendo per essere “agito dalla voce di Bernhard”.</p>
<blockquote class="blockquote ">L’attenzione a Thomas Bernhard ha spesso distolto lo sguardo da <i>ciò</i> che quei romanzi dicevano per concentrarsi sulla <i>maniera</i> in cui lo dicevano.</blockquote>
<p>Trevisan è reticente, perlopiù. Da un lato, ammette, per raccontare
il suo Veneto e in particolare Vicenza era richiesta una voce <i>come</i>
quella di Bernhard, scoperta letteraria per lui tardiva e fondamentale,
che gli permise di accelerare il processo che portò al fatidico inizio
della scrittura. Vuoi per la vicinanza geografica e culturale del
Triveneto all’Austria, vuoi per un ruolo storico di punto di contatto
tra il Mediterraneo e l’Europa centrale e settentrionale. Anche
Zanzotto, visto dal centro del Paese, era stato tacciato di essere un
epigono, un imitatore tardivo, in ogni caso un provinciale (che, nel
migliore dei casi, altro non può essere che un epigono o un imitatore,
se visto dal centro), quando in realtà nei suoi testi risuonava l’eco di
Hölderlin verso un Nord mitico cui, naturalmente, il Veneto tende.
Dall’altro, in realtà, Trevisan se ne fregava, forte del fatto che
l’opera d’arte è sempre, in qualche modo, imitativa. “Le mie letture
sono finalizzate al furto”, disse in occasione del quarantesimo
anniversario di <i>Libera nos a Malo</i>.</p>
<p><b>Mal de ła piera</b><br />
Come che sia, l’attenzione a Thomas Bernhard ha spesso distolto lo sguardo da <i>ciò</i> che quei romanzi dicevano per concentrarsi sulla <i>maniera</i> in cui lo dicevano. E da altri modelli, meno palesi, ma non per questo irrilevanti. Come <i>Le furie</i>
di Guido Piovene, che è a sua volta il resoconto di una passeggiata
vicentina alla mercé dei propri fantasmi. E che nelle prime pagine
contiene un’indicazione di metodo essenziale anche per Trevisan:
“prendere rilievi come un geometra. È tempo di visioni, ma vere, che
siano ragione. Chi non è visionario forse non si potrà salvare. I nostri
incubi quotidiani appartengono al regno bruciato della verità. Dobbiamo
accettare questo terreno”.</p>
<p>Perito geometra che per anni ha lavorato, a vario titolo, alla
trasformazione industriale del suo territorio, Trevisan è stato anche
uno dei più lucidi osservatori e commentatori di questa trasformazione.
Ciò che rivendicava alla propria letteratura era la rappresentazione del
paesaggio introiettato nella psiche dell’individuo, che riorganizza in
base alla propria logica il pensiero di chi lo abita. Nel suo caso, si
tratta di un paesaggio – quello del cosiddetto Nord-Est – deturpato,
disfatto, inquinato, ricoperto di capannoni, fabbrichette, quartieri
residenziali simili a dormitori, zone industriali abbandonate, statali,
tangenziali, superstrade. Ci sarebbe molto da dire sul fatto che <i>I quindicimila passi</i> si apra con un esergo dalla <i>Grundrisse</i>:
“Ma l’epoca che genera questo modo di vedere, il modo di vedere
dell’individuo isolato, è proprio l”epoca dei rapporti sociali finora
più sviluppati”.</p>
<p>Thomas, ne <i>I quindicimila passi</i>, percorre a piedi “in lungo e
in largo il bosco di roveri – bosco che non esiste più da centinaia di
anni”, trasformato prima in campagna e poi in quella che altrove
Trevisan chiama “periferia diffusa”: “una campagna nebbiosa che non è
altro che il confuso ricordo di una campagna, distrutta dalle zone
artigianali e residenziali”. La città, oramai, “non è più che un
paesaggio fantomatico, fossile di società ormai trascorse”: chi la abita
spesso non ha più nulla a che vedere con chi l’ha costruita e abitata,
né per sangue, né per cultura, il che crea una distanza irriducibile con
la scenografia inutile e muta in cui si muove – castelli e palazzi
nobiliari senza nobili, chiese senza fedeli, eccetera. Già per Piovene,
all’epoca del <i>Viaggio in Italia</i>, gli abitanti dei cosiddetti
centri storici assomigliavano a “ospiti occasionali, senza storia, su un
fondale storico” che non sapevano più leggere, figuriamoci
interpretare. La vera creazione dell’uomo contemporaneo, parco di
monumenti, è la periferia, che è anche l’unica parte della città che può
espandersi. Il destino di ogni centro, così, è quello di venire presto o
tardi inglobato non già da altri centri, ma da un’immane anonima
periferia, acefala o autocefala che sia. Fenomeno, questo, che nel
Veneto centrale, ma nel Nord-Est in generale, è paurosamente evidente
(“a un certo punto, non è più chiaro se il territorio in cui ci muoviamo
sia la periferia di Vicenza, o non piuttosto la periferia di Padova, o
di Treviso, o di Verona, o di Bassano”). E così un paese come quello
dell’autore, Cavazzale, si ritrova tutt’a un tratto non più paese ma
periferia.</p>
<p>Tutta questa distesa d’asfalto – è ovvio – è funzionale allo spirito
del tempo, ossia la mobilità delle merci, quindi della forza lavoro,
quindi dei consumatori. Una logica, scrive Trevisan, che ha asservito il
territorio, rendendolo perennemente intasato, congestionato (la
congestione, l’autore lo ripete continuamente, è la condizione
necessaria e al tempo stesso l’effetto più tangibile della logica del
consumo), senza più possibilità di riscrittura del disco fisso dalla
“pattumiera urbanistico-architettonica” in cui si è trasformato, “che ci
assorda e ci squilibra non appena mettiamo il naso fuori di casa”.
Tutto ciò in Veneto ha un nome specifico: è il <i>mal de ła piera</i>,
l’ossessione isterica per la costruzione, l’edificazione, la
trasformazione del territorio. Una storia che leggiamo tra le righe di <i>Works</i>:
sullo sfondo di lavori innumeri ed effimeri, la palude viene
prosciugata, scompare il canneto dietro il magazzino, il pesce del fiume
non si può più pescare, la sua acqua ha cambiato colore.</p>
<blockquote class="blockquote ">Quello che Trevisan, di provincia e di
umili origini, rimproverava, tra le altre cose, agli intellettuali,
perlopiù romanocentrici e borghesi o piccoloborghesi, era l’ossessione
per una fantomatica Realtà che, a sua detta, non conoscevano affatto.</blockquote>
<p>I testi raccolti in <i>Tristissimi giardini</i> sono introdotti da un versetto di <i>Isaia</i>
(5, 8): “Guai a voi che aggiungete casa a casa / e poderi a poderi /
fino a che c”è spazio! / Vi starete voi soltanto / sulla terra?”. A un
goffo intervistatore, Trevisan, che credeva non in Dio ma “nel peccato,
imperdonabile, di essere venuto al mondo”, <a href="https://www.youtube.com/watch?v=zwr7CRaYtSg">ricordava</a>
il proseguimento del testo biblico: la collera del Signore farà pascoli
di queste costruzioni, prima della venuta di popoli stranieri. Lo
scrittore e drammaturgo assume i panni del profeta, la cui simpatia è
tutta per i nuovi barbari.</p>
<p>Sarà che Goffredo Parise, in un momento panico sulle rive del Piave,
aveva scritto che il “Veneto era, ed è, forte, barbaro, e dunque
produttivo e dunque industriale”, tesi ripresa da Trevisan in <i>Tristissimi giardini</i>
per affermare che i Veneti, barbari per natura e “nati […] per
distruggere, distruggono costruendo”. Il vero volto dell’industrialismo e
dell’operosità da barzelletta non sarebbe allora la produzione, ma la
distruzione cieca. E Trevisan – benché, nella fase bernhardiana, <i>Nestbeschmutzer</i>
(letteralmente, “uno che insozza il proprio nido”) – non nasconde, in
ciò, un certo orgoglio di appartenenza (né lo nascondeva Parise),
riconoscendosi barbaro a sua volta. Il fatto che egli, in quanto
scrittore, “si limiti a distruggere il mondo sulla carta, battendo sui
tasti di un portatile, anziché distruggerlo manovrando una macchina
escavatrice o una betoniera, non fa una gran differenza”.</p>
<p><b>Rovina delle rovine, crollo nel crollo</b><br />
L’idea alla base – “quella più importante, fondamentale, […] l’idea non
detta, forse addirittura non pensata, ma ovvia, necessaria, presente
anche in assenza” – è l’idea che il territorio sia, ancor peggio che nel
versetto di Isaia, “frazionabile ed edificabile e in definitiva
sfruttabile all’infinito”. È la forma della follia contemporanea, il
vero volto della “legge del consumo, […] rovina delle rovine, crollo nel
crollo” (<i>Il ponte</i>), in cui ognuno è vittima e complice. Come
scriveva Zanzotto, “In questo progresso scorsoio, / non so se vengo
ingoiato / o se ingoio”. Perché quel che è peggio è che tutto questo è
avvenuto non per <i>ukase</i> ma per volere della gente. Lo scempio è stato fatto, scrive Trevisan in <i>Tristissimi giardini</i>,
“nel modo più opportuno a soddisfare le esigenze della comunità”. Che
chi ha così “dis-ordinato” il territorio lo abbia “insieme difeso dalle
deturpazioni e dagli inquinamenti, su questo ho dei seri, anzi
serissimi, dubbi; e se l’avesse difeso, non avrebbe probabilmente
soddisfatto le esigenze della comunità”.</p>
<p>Quello che Trevisan, di provincia e di umili origini, rimproverava,
tra le altre cose, agli intellettuali, perlopiù romanocentrici e
borghesi o piccoloborghesi, era l’ossessione per una fantomatica Realtà
che, a sua detta, non conoscevano affatto. Viene in mente un romanzo di
Dag Solstad, <i>Tentativo di descrivere l’impenetrabile</i>: un
architetto affermato, che da giovane ha contribuito alla costruzione di
un quartiere operaio su modelli utopici e ideologici e perciò falsati e
paternalistici, in piena crisi di maturità decide di lasciare la
famiglia per trasferirsi nella cittadella proletaria a cui al tempo
della rimpianta giovinezza aveva lavorato, pieno di teoria e buoni
sentimenti. Solo per scoprire che ai <i>suoi</i> operai (ormai sempre
meno operai) del teatro di comunità e degli spazi pubblici non importa
nulla: vogliono la parete di casa più ampia per uno schermo televisivo
gigante, e più spazio per parcheggiare le auto costose su cui spendono
tutto. I colleghi di cui racconta Trevisan in <i>Works</i> non sono da
meno: il sabato sera corrono in strada verso i discobar di provincia,
cercano i paradisi artificiali, risparmiano per fare i turisti sessuali a
Cuba o in Thailandia. Sono i figli della società dei consumi, né più né
meno della borghesia minima che ha reso l’Occidente a propria immagine e
somiglianza, se non che questa avanza persino pretese morali.</p>
<p>Ma entrambi sono vittime e responsabili al tempo stesso di quel “crollo totale di tutti i valori” di cui Trevisan parla ne <i>Il ponte</i>:
la “sostituzione dei vecchi falsi valori con valori d’importazione,
essenzialmente americana, altrettanto falsi, ma ben più potenti, perché
avanzanti di pari passo a una violenta omologazione industriale che
distruggeva e annientava, come ancora oggi distrugge e annienta, ogni
cultura particolare”, e tutto in nome di una libertà e di diritti
esportabili, perché prodotto a loro volta, che sempre più si rivelano
per ciò che nascondono, o meglio sottintendono, ossia “il <i>dovere</i> di comprare e consumare”, che non ammette dissenso.</p>
<p>È ovvia, in questi discorsi di Trevisan, la presenza di Pasolini, a
cui l’autore si appoggia per raccontare le conseguenze del “brusco
passaggio” dalla civiltà umanistico-agraria a quella
tecnico-industriale, quella, insomma, dei palazzi vuoti e degli
ex-contadini uniformati, senza terra, senza cultura, senza storia –
vuoto che si riempie (e si vende) con (e come) uno “spazio di mercato”.
Ma Pasolini poteva dire di preferire le lucciole alla Montedison,
fantasticando su un mondo rurale di cui, in definitiva, sapeva poco (in
ogni caso, viveva lontano). Zanzotto poteva sperare che il progresso
cosiddetto risparmiasse, dimenticandola, la sua contrada. Ferdinando
Camon può raccontare la fine della millenaria civiltà contadina, fatto
epocale e senza precedenti, con lo sguardo del testimone diretto, del
superstite. Trevisan, invece, è totalmente “postumo”. È nato troppo
tardi per conoscere una civiltà che non sia quella dei consumi. Come
scrive nel suo ultimo, amarissimo testo, <i>Dove tutto ebbe inizio</i>, pubblicato in coda all’edizione ampliata di <i>Works</i>:</p>
<blockquote class="blockquote blockquote--small">Il mio territorio, di
cui ho vissuto la trasformazione, è ormai irriconoscibile. Non posso
però dire di essere “spaesato”; al contrario: è una trasformazione che
ho vissuto, a cui, vivendo e lavorando qui, ho fattivamente contribuito,
cosa del resto inevitabile. Il fatto è che “il prima” è durato troppo
poco per fissarsi come parametro definitivo. Così è per i nati nel
periodo del cosiddetto boom economico, a prescindere dalla loro classe
sociale. Il Veneto rurale è per me il ricordo di un ricordo, qualcosa
che è passato attraverso i miei genitori, ma che non ho mai davvero
vissuto. Credo valga per tutta la mia generazione. Grande differenza,
rispetto ai nati prima e durante la guerra. Il primo carro armato
americano con la stella, e poi il dopo, il lungo dopo, fino a oggi […].
Io, noi, siamo quelli del lungo dopo fino a oggi. E per tutto il dopo la
betoniera non si è mai fermata. I marchi politici sono cambiati,
esplosi rottamati e svenduti come tutto il resto.</blockquote>
<p><b>From the wreckage of Europe</b><br />
Cosa resta, quando tutto è un marchio, un prodotto, persino la
letteratura, persino la natura, persino la qualità, persino il valore? E
ci si può stupire che, per il Thomas bernhardiano di Trevisan,
l’effetto psichico di siffatto territorio sia il pensiero costante del
suicidio, costretto com’è a vivere “pensando di continuo alla morte” in
un “raffinato esercizio di equilibrismo” tra il disgusto della vita e la
paura dell’estinzione? Pensieri che non risparmiavano, né hanno di
fatto risparmiato, l’autore, che temeva di essere “imbalsamato” in vita
come Meneghello e Zanzotto e ammirava invece la coerenza di Carlo
Michelstaedter e Stig Dagerman, pur temendo di essere in ritardo, ormai,
per un suicidio all’apice del successo, e in ogni caso in <i>Works</i>
scrive: “che nessuno mi inviti a ballare perché io non ballo. Il
pensiero della morte è un bravo ballerino e sono già impegnato a vita
con lui”.</p>
<p>Il citato – e sconsolante – <i>Dove tutto ebbe inizio</i>, che sembra consegnarci i pensieri dell’autore nell’ultimo periodo, non lascia margine di interpretazione:</p>
<blockquote class="blockquote blockquote--small">l’unica possibile via
d’uscita è prendere in mano la situazione di merda e stringere il nodo
subito, senza por tempo in mezzo. O così, o rassegnarsi ad aspettare,
con gli altri, che esso si stringa da sé, così che un giorno, in un bar
che frequentiamo di sfuggita, […] qualcuno dirà: È morto; e qualcun
altro chiederà, De cosa?; e il primo risponderà con un’altra domanda, De
cosa vuto che ’l sia morto? e tutto sarà chiaro. Se fosse stato un
infarto, o qualsiasi altra cosa, l”avrebbe detto. Ma da queste parti è
più probabile che la fine arrivi in forma di domanda retorica.</blockquote>
<p>Se mi si perdona l’impudenza, si direbbe che Trevisan avesse previsto
esattamente ciò che la maggioranza dei giornali e delle testimonianze
hanno effettivamente scritto e detto dopo il 7 gennaio 2022.
Sottintendendo, dando per scontato. Come a dire, appunto: <i>De cossa volío che ’l sia morto?</i></p>
<p>Ma vorrei tornare a <i>Black Tulips</i>, al sogno – o all’allucinazione – d’Africa. Il quale, rispetto al commiato di <i>Dove tutto ebbe inizio</i>,
spicca ancora di più nella sua leggerezza. Certo, è un sogno antico,
scontato, trito, probabilmente fallace, e in questo più
un’allucinazione, di cui fu succube, fra i tanti, persino Leni
Riefenstahl. <i>Mutatis mutandis</i>, è la stessa tentazione delle
borgate di Pasolini, degli esperimenti con l’India o con le isole
iperboree di Manganelli, di Michel Leiris, non per nulla qui spesso
citato. La ricerca, insomma, di un mondo se non del tutto incontaminato
quantomeno ancora “autentico”, violento, puro, preindustriale,
premoderno, originario, non assimilato e, idealmente, non assimilabile.
“Orientalismi”, appunto, lo scrive lo stesso Trevisan: “Impossibile
sfuggirvi”, in quanto <i>oyibo</i>.</p>
<p>Così si possono leggere le dicotomie, tutte note, che si susseguono in <i>Black Tulips</i>: la spontaneità e la fluidità dell’indigeno e dei suoi movimenti, da un lato, e l’artificialità e la pesantezza dell’<i>oyibo</i>, dall’altro; il <i>nostro</i> senso del tempo cronometrato e pianificabile, fatto di attese e scadenze e votato alla funzionalità, e il <i>loro</i> senso del tempo dilatato, imprevedibile, ingovernato; la <i>loro</i> abitudine e familiarità con la violenza e con la morte e la <i>nostra</i>
presunta e nevrotica estraneità alla violenza e alla morte. Il mito, in
altre parole, dell’assenza di rimozione. E la ricerca di regressione, o
di alleggerimento quantomeno.</p>
<p>Ma <i>Black Tulips</i> è anche un testo che nasce da una genuina
curiosità, e vicinanza ideale, e persino sincero amore dell’autore per
questa periferia globale verso cui si sposta dalla sua, ormai
irrecuperabile, periferia municipale e nazionale. A un mondo in cui non
c’è più niente da salvare e che, se preso seriamente, rischia di
condurre all’unica conseguenza logica, ossia il rifiuto categorico
dell’esistenza, Trevisan ha voluto in ultimo opporre il sogno di un
viaggio, per quanto bolso e letterario, nell’Africa “più vecchia e più
giovane insieme” dell’Europa alle prese con la sua autodigestione,
accompagnato da una serie di vivissime beatrici – Ade, Gloria, Chika,
Hellen, Isegwe. Viene in mente il <i>Canto LXXVI</i> di Ezra Pound: “<i>As a lone ant from a broken ant-hill</i> / <i>from the wreckage of Europe, ego scriptor</i>” (Come una formica sola da un formicaio infranto / dal relitto d’Europa, ego scriptor).</p>
<p>Ed è un sogno incompiuto, oltretutto, che si interrompe sul più
bello. Come tutti i sogni, peraltro, e come moltissime delle opere
architettoniche che Trevisan ammirava e che riempiono la periferia
diffusa del suo Nord-Est. <i>Black Tulips</i> si interrompe poco dopo
l’arrivo a Benin City. Questa volta non c’è ritorno in Italia. La
parabola dello scrittore Trevisan termina là dov’era iniziata, alle
porte della sua seconda vita, e però senza epilogo. <i>Cossa volío che ’l sia capità?</i> Consegnandoci, se vogliamo, un”estrema immagine sospesa dell’artista che sorride.</p><p> <a class="authorBio__name" href="https://www.iltascabile.com/author/emanuele-zoppellari-perale/">Emanuele Zoppellari Perale </a> è nato nel 1994. Ha studiato
filosofia e letteratura alla University College London, all’Università
di Oslo e a Ca’ Foscari, Venezia. È autore di una raccolta bilingue di
sonetti e ha tradotto un saggio sul dandismo.
</p>
</div></div><p></p>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-1429623599105068867.post-11273853079484133552023-01-12T09:48:00.013+01:002023-01-12T09:51:32.845+01:00<p>E' tempo di anniversari: invito a leggere il post dell'amico <a href="https://alligatore.blogspot.com/2023/01/20-anni-e-10-giorni-senza-giorgio-gaber.html">Alligatore</a>.</p><p>Voglio ricordare Fabrizio de Andrè, che ci ha lasciato nel gennaio del 1999 senza aver visto il nuovo millennio. Meglio per lui, chissà cosa direbbe oggi. <br /><br />In questi tempi bui, il suo spirito anarchico, la sua intelligenza brillante, la sua ironia e la sua musica, sono stati di conforto per chi ha conservato la propria umanità.<br /><br />Voglio ricordarlo con questa canzone, sempre <i>seduto dalla parte del torto</i></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='482' height='402' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzLR4BhtjGIO2-5xbT-7tznuW9rfSiNua3wn6Q04U4uo7xXHL1rTm4HIOMDPWSxyS7_40xurkoNAFosC3B9Hw' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>Bericahttp://www.blogger.com/profile/01155909886266055671noreply@blogger.com20