venerdì 17 settembre 2021

Parliamo la lingua di Dante... Poesia pura

Il 13 settembre 2021 sono trascorsi 700 anni dalla scomparsa di Durante di Alighiero degli Alighieri. Non so se Google gli abbia dedicato un doodle, ma ricordo che non lo fece per Leonardo da Vinci. Per celebrarlo qui, alcune espressioni dantesche di comune utilizzo che arrivano proprio dalla Divina Commedia o dalla Vita Nova.

Nel mezzo del cammin di nostra vita incipit del primo canto dell'Inferno e dell'intero poema. 

Fa tremar le vene e i polsi (Inferno, I, 90) Dante, dopo aver ritrovato la strada fuori dalla “selva oscura”, incontra tre bestie feroci, in particolare una lupa, che lo spaventa a morte. 

Non mi tange (Inferno, II, 92) Come fa, Beatrice a venire fin quasi all’Inferno e non soffrirne? Il male non la tocca, o meglio, non la “tange”. 

Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate (Inferno III, 9) iscrizione posta sulla porta dell’Inferno.

Il gran rifiuto (Inferno, III, 60) coniata da Dante per riferirsi al rifiuto di Celestino V, la cui rinuncia aprì la strada al cardinale Benedetto Caetani, papa Bonifacio VIII. 

Caron dimonio, con occhi di bragia (Inferno III, 82-111) 

Senza infamia e senza lode (Inferno, III, 36)

stava a indicare l’atteggiamento degli ignavi e la loro gravissima colpa, cioè quella di non aver preso una posizione in vita.

…Non ragioniam di loro, ma guarda e passa (Inferno III, 51)
situazioni (o persone o cose) per cui non vale la pena perder tempo.

... che tu vedrai le genti dolorose channo perduto il ben dellintelletto. (Inferno III, 18-20) ignavi che hanno vissuto solo a metà, senza godere pienamente dei vantaggi dati loro dallintelletto umano.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse (Inferno, V 136)

Amor, ch’a nullo amato amar perdona mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona (Inferno V, 103)

Nulla addolora maggiormente che ripensare ai momenti felici quando si è nel dolore. (Inferno V)

Fatti non foste a viver come bruti... ma per seguir virtute e canoscenza (Inferno XXVI, 119-120) Ulisse, incita con tali parole i suoi compagni a seguirlo nell’impresa di attraversare le colonne d’Ercole, allora considerate il confine della conoscenza.

Cosa fatta capo ha (Inferno, XXVIII, 107) Lo pronuncia Mosca dei Lamberti, che gira per l’inferno con le mani tagliate e il sangue che gli zampilla sulla faccia. Secondo la leggenda la frase venne pronunciata per indurre una famiglia alla vendetta, per un affronto. Basta titubanze, disse. Lo scontro fu molto grave perché portò alla divisione tra Guelfi e Ghibellini.

Stai fresco (Inferno XXXII, 117) dove i dannati vengono colpiti da gelide raffiche di vento prodotte dalle ali di Lucifero, l'espressione viene ancora usata per indicare qualcosa che andrà a finire male. 

Gabbo/gabbare (Inferno XXXII, 7) Dante sottolinea come descrivere il fondo dell'universo non sia una “impresa da pigliare a gabbo".  

Il fiero pasto (Inferno XXXIII, 1-78) Il Conte Ugolino sta divorando il cranio dell'arcivescovo Ruggieri, colui che in vita fu la causa di tutte le sue sventure. 

Il bel Paese là dove ‘l sì suona (Inferno XXXIII, 80) nell’opera dantesca la definizione dell’Italia è completata da “dove si parla la lingua del sì” come da tripartizione effettuata nel De Vulgari Eloquentia: lingua del sì in Italia, lingua d’oïl nella Francia del Nord e lingua d’oc nella Francia del Sud, rispettivamente italiano, francese e occitano.

Libertà va cercando, ch'è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta (Purgatorio I, 70-72)

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! (Purgatorio VI,  76-78)

Inurbarsi (Purgatorio XXVI, 69) verbo inventato da Dante, per indicare i trasferimenti in città. Non altrimenti stupido si turba, lo montanaro, e rimirando ammuta, quando rozzo e salvatico s’inurba…

Quisquilia (Paradiso XXVI, 76-77) Traducibile con “pagliuzza”, metaforicamente, con il significato di “bazzecola, inezia, piccolezza”.

L’amor che move il sole e l’altre stelle (Paradiso, XXXIII, v. 145)

E quindi uscimmo a riveder le stelle (Inferno XXXIV, 139) è l'ultimo verso dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Non può comprendere la passione chi non l’ha provata. capitolo XXVI della Vita Nova.

 

11 commenti:

  1. Sapevo che molti modi di dire venivano da Dante e dalla Divina Commedia, ma vedo ch ne hai trovati tantissimi e mi complimento con te per la ricerca. Molti di questi modi dire, se non tutti, sono entrati nella storia. Dobbiamo esser fieri di aver avuto Dante Alighieri.

    Le belle vacanze ormai son lontane, stanno andando nel dimenticatoio, ed ho riaperto il blog scrivendo di questa estate.
    Un salutone e alla prossima

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E ce ne sarebbero tanti altri!
      Dante ci rende fieri e grati per la bella lingua che parliamo e che in molti invidiano; un'ammirazione ben descritta nel film danese: "Italiano per principianti". Bentornato qui e nel tuo blog.
      Buon quasi autunno

      Elimina
  2. Risposte
    1. Sono lieta tu l'abbia gradito. Mi è sembrato un degno omaggio al Poeta.
      Bentornato in questo blog e alla prossima

      Elimina
  3. Risposte
    1. E' vero! Il grandissimo Alessandro Manzoni, ne ha riconosciuto la paternità, con il celebre: Sciacquare i panni in Arno

      Elimina
  4. Bell'elenco ... anche <stai fresca, non avrei immaginato :)

    RispondiElimina
  5. Fu grande poeta ma anche uomo coraggioso che pagò con l'esilio la passione per i suoi ideali. Fu un castigatore della mala politica e del malaffare e, quando ci si mette su questa china, un po' tutti ti danno addosso e, a volte, lo fanno sinché la vittima predestinata muore .

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo è una pratica ancora in uso.
      Grazie per essere passato di qui

      Elimina
  6. Molto gradevole questa serie di citazioni dantesche!

    RispondiElimina