venerdì 23 febbraio 2024

Oriente e occidente

Negli anni novanta del secolo scorso, dopo la caduta del regime Sovietico, il monopolarismo che si affacciava, faceva riflettere gli intellettuali.

Poi un tizio brandì una fialetta contenente una polverina bianca e il mondo sprofondò nel delirio di quel mondo unipolare.

A cento anni delle tragedie del secolo breve, l'egemone perde credibilità e forza e all'orizzonte, si intravede il multipolarismo, ma 

mercoledì 7 febbraio 2024

La Scienzahhha

 

Vero o falso?  di 

Lo scienziato teorico non è da invidiare. Perché la natura, o più esattamente l’esperimento, è un giudice inesorabile e poco benevolo del suo lavoro. Non dice mai “Sì” a una teoria: nei casi più favorevoli risponde: “Forse”; nella stragrande maggioranza dei casi, dice semplicemente: “No”. Quando un esperimento concorda con una teoria, per la Natura significa “Forse”; se non concorda, significa “No”. Probabilmente ogni teoria un giorno o l’altro subirà il suo “No”.

Albert Einstein             

Qualche anno dopo la pubblicazione della teoria della relatività generale, durante una  conferenza viennese del 1919, Einstein sosteneva che «se non esistesse lo spostamento delle righe spettrali verso il rosso a opera del campo gravitazionale, allora la teoria della relatività generale risulterebbe insostenibile». In buona sostanza, il fisico tedesco proponeva di eseguire un esperimento che avrebbe potuto confutare la sua stessa teoria. Popper, che era tra il pubblico, così ricorda quel momento: «Sentivo che era questo il vero atteggiamento scientifico. Era completamente differente dall’atteggiamento dogmatico, che continuamente affermava di trovare “verificazioni” delle sue teorie preferite. Giunsi così, sul finire del 1919, alla conclusione che l’atteggiamento scientifico era l’atteggiamento critico, che non andava in cerca di verificazioni, bensì di controlli cruciali; controlli che avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola mai confermare definitivamente ». Fu così che il filosofo della scienza austriaco elaborò il criterio che stabilisce a quale condizione una teoria può essere considerata scientifica. Se una teoria può essere messa alla prova, se è possibile eseguire un controllo che potrebbe confutarla, allora è scientifica, altrimenti non lo è. Se la teoria non supera il controllo, è semplicemente falsa. Se invece lo supera, non è semplicemente vera: la si può considerare vera fino a prova contraria, cioè fino a quando viene sottoposta a un controllo che non riesce a superare. Per questo la scienza propriamente detta non ha un «atteggiamento dogmatico». Anzi, è continuamente alla ricerca di «controlli cruciali», di «falsificatori potenziali». Cerca continuamente di smentire sé stessa. Chi dice di credere nella scienza, intendendo con ciò affermare che le affermazioni apodittiche di certi sedicenti scienziati non sono in discussione, non sa di che cosa sta parlando.

Mi sono concesso questo preambolo solo perché mette a nudo un’asimmetria la cui importanza può essere difficilmente sopravvalutata, anche fuori dall’ambito strettamente scientifico: è possibile stabilire ciò che è falso, ma non ciò che è vero. E sarebbe terribilmente ingenuo pensare che, una volta tolto il falso, ci rimanga in mano la verità: depurandolo dal falso, il panorama cambia, e si aprono sempre nuovi scorci da controllare. Al limite può accadere che, riconoscendo come falsi certi enunciati portanti, cambi l’intero paradigma, nel qual caso i critici trovano nuovo filo da torcere. Debbono rimboccarsi le maniche, perché il loro lavoro ricomincia quasi daccapo. Così, quello di smascherare il falso, si presenta come un lavoro incessante, un’impresa che non può mai ritenersi conclusa. Una partita che non può essere vinta, neanche in linea di principio: ben che ci vada riusciamo a mantenerla aperta. Se siamo bravi, riusciamo a rimanere in gioco. Se invece rinunciamo a giocare la carta della confutazione, se lasciamo che il falso dilaghi indisturbato, la partita è chiusa. Ed è persa, per tutti.

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