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giovedì 15 dicembre 2022

Il sistema economico è capovolto

Il sistema salariale ha portato la gente a credere che ciò di cui l'uomo ha bisogno è il lavoro. Questo è naturalmente assurdo. L'uomo ha bisogno delle merci prodotte dal lavoro e meno lavoro ci vuole per produrre una determinata quantità di merci, meglio è. Ma a causa del nostro sistema economico, un'economia nei metodi di produzione permette ai datori di lavoro di licenziare alcuni dei loro dipendenti, provocando disagi, mentre un sistema migliore produrrebbe soltanto un aumento degli stipendi o una diminuzione delle ore di lavoro, senza la corrispondente diminuzione di stipendi.

Il nostro sistema economico è capovolto. Mette l'interesse dell'individuo in conflitto con l'interesse della comunità, in mille modi, un conflitto che non dovrebbe esistere

Le mie idee politiche
 
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venerdì 1 maggio 2020

Quando e perché Mussolini abolì la Festa del 1° maggio

La scellerata decisione di Mussolini era la logica conseguenza della lotta fascista contro le corporazioni dei lavoratori e dei loro sacrosanti diritti


La proposta concreta che scaturì dal congresso dell’Associazione internazionale dei lavoratori – la Prima Internazionale – riunita a Ginevra nel settembre 1866, si rifece direttamente al grido che giungeva da quel continente lontano: “Otto ore come limite legale dell’attività lavorativa”. E, a testimonianza dell’internazionalità della lotta, la questione del limite orario divenne il cavallo di battaglia dei movimenti sindacali statunitensi: fu in quel Paese, capitalista per eccellenza e già notevolmente industrializzato, che si combatterono nell’Ottocento le battaglie più cruente e sanguinose.
Nell’ottobre del 1884 le organizzazioni sindacali indicarono nel 1° Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno. Fu indetto uno sciopero generale a cui parteciparono quattrocentomila lavoratori; a Chicago ne sfilarono ottantamila, e la manifestazione venne repressa nel sangue. Ad essa seguirono giorni di violenti scontri in tutte le grandi metropoli americane, culminati il 4 maggio col massacro di Haymarket, dove 11 persone persero la vita. Ma la lotta contro il capitalismo selvaggio e senza regole continuava.
Adesso toccava all’Europa. Il 20 luglio 1889 a Parigi si tenne il congresso della Seconda Internazionale, che decise di organizzare una grande manifestazione in una data stabilita. La scelta cadde sul 1° maggio, per commemorare la carneficina di Haymarket: il ricordo dei “martiri di Chicago” divenne simbolo di lotta dei lavoratori di tutto il mondo.
Anche in Italia le organizzazioni sindacali intensificarono l’opera di sensibilizzazione sul significato del 1° maggio, mentre i governi, più o meno liberali o autoritari, misero a punto gli apparati repressivi. Malgrado la mancanza di un centro organizzativo, la riuscita delle manifestazioni del 1° maggio 1890 costituì un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta diede vita ad una mobilitazione su scala nazionale, collegata all’iniziativa di carattere internazionale.
Visto il successo di quella che nelle intenzioni doveva essere una rappresentazione unica, si decise di replicarla l’anno successivo, ed essa divenne una tradizione consolidata, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si preparava con sempre maggiore consapevolezza. Aumentavano gli obiettivi, altre rivendicazioni politiche e sociali s’imponevano.
Il 1° maggio 1898 coincise con la fase più acuta dei “moti per il pane”, con il tragico epilogo di Milano, nei giorni dal 6 al 9 maggio, quando l’esercito di Bava Beccaris cannoneggiò la popolazione inerme, lasciando sul selciato 81 morti e 450 feriti.
Nei primi anni del Novecento la festa si caratterizzò anche per la rivendicazione del suffragio universale, poi per la protesta contro l’impresa libica, quindi contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale. Internazionalismo, pacifismo e diritti dei lavoratori si saldavano sempre più.
Finalmente, il 1° maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori poterono festeggiare il conseguimento dell’obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore di lavoro. Ma un formidabile nemico del popolo e dei lavoratori tesseva la sua tela omicida.
Nell’ottobre del 1922 Benito Mussolini diventò Presidente del Consiglio, e uno dei primi atti del suo governo cancellò con un colpo di spugna il 1° maggio e il suo significato, maturato in anni di sanguinosissime conquiste dei lavoratori: il 19 aprile del 1923, con un decreto-legge da lui proposto ed approvato dal Consiglio dei ministri, la festività venne abolita ed accorpata alla festa ufficiale del fascismo, che coincideva con il “Natale di Roma”, il 21 aprile, dallo stesso tiranno proclamata. Soltanto l’anno prima, il presidente del Consiglio Facta aveva riconosciuto il 1° maggio come giornata festiva.
La scellerata decisione di Mussolini era la logica conseguenza della lotta fascista contro le corporazioni dei lavoratori e dei loro sacrosanti diritti, che già prima della presa del potere si era concretizzata durante il cosiddetto biennio rosso, quando le squadracce in camicia nera si macchiarono di violenze inaudite contro le organizzazioni operaie socialiste e comuniste, con vergognose caccie all’uomo, omicidi e distruzioni, violenze tollerate e persino sostenute dagli organi dello stato liberale: una macchia indelebile nella storia di questo Paese.
All’atto formale il tiranno fece seguire atti sostanziali, con operazioni a tenaglia: la milizia fascista venne sguinzagliata per intimidire e aggredire operai e contadini, soffocare ogni manifestazione di protesta nelle fabbriche e nei campi, mentre le autorità di pubblica sicurezza si occuparono di stroncare ogni movimento teso a difendere i diritti dei lavoratori e a prevenire azioni collettive e individuali operanti in tal senso: retate, arresti preventivi, sequestri di materiale e chiusura di fogli e giornali divennero la tetra normalità. Festeggiare il 1° maggio divenne un reato duramente punito.
Ma il pugno di ferro del regime non conosceva limiti: nel biennio 1925-26 furono proclamate le cosiddette “leggi fascistissime”, che dichiararono fuorilegge le associazioni sindacali non irreggimentate, vietarono il diritto di sciopero e la serrata. L’anno seguente entrò in opera il famigerato Tribunale Speciale dello Stato, che comminò migliaia di pesantissime condanne: nel solo 1928, per aver celebrato il 1° maggio, sette operai di Trieste, cinque di Verona, tre di Torino e uno di Milano vennero condannati ad oltre 102 anni di carcere. Di fronte a tale spietata durezza, persino il ricordo del 1° maggio del 1921, definito dall’Avanti! “il più tragico, il più tempestoso, il più significativo tra quanti ne ha solennizzati la classe lavoratrice d’Italia”, impallidiva.
La volontà del regime di estirpare alla radice il significato più autentico del 1° maggio fu così tenace da sfociare nella psicosi e nella pura idiozia: negli anni Trenta in Romagna gli squadristi irrompevano nelle case in cerca di tortelli, serviti nei giorni di festa.
Bisognerà aspettare il crollo del regime e il 1945 perché gli effetti del decreto del 1923 cadessero, e quella ricorrenza tornasse a rappresentare la data simbolo della Festa del Lavoro, liberamente celebrata da milioni di lavoratori.
In occasione di questa gloriosa ricorrenza, non sarà quindi inutile ricordare che quella di un Mussolini schierato a fianco del popolo e dei lavoratori è una delle maggiori balle che ancora circolano su quel triste figuro. 
 
di Giuseppe Costigliola 30 aprile 2020 

domenica 2 settembre 2018

A proposito di: xenofobia, sovranismo, esercito industriale di riserva...

Chemnitz fino alla caduta del muro si chiamava Karl-Marx-Stadt

 

«Abbiamo tutti un’amica, un compagno, un amante, una parente, un vicino di casa, una collega che fino a pochi anni fa era inequivocabilmente di sinistra, ma da qualche tempo ha la mania di leggere dei blog un po’ ambigui, di seguire pagine Facebook che ci lasciano perplessi, di citare cazzari patentati come se fossero importanti pensatori controcorrente, di fare discorsi che riecheggiano quelli di Salvini ma in versione “comunista”…»
Uno spettro ci porta in volo nei luoghi della lotta di classe, dove si vede che certi discorsi “marxisti” contro l’immigrazione non solo di marxista non hanno nulla, ma sono una truffa ai danni delle lavoratrici e dei lavoratori. Di tutti i lavoratori: immigrati e autoctoni.

 

da contropiano.org:  

Wu Ming, Marx e l’esercito industriale di riserva 

Lotta di classe, mormorò lo spettro. Una miniserie in due puntate: 

puntata 1

puntata 2

lunedì 7 settembre 2015

legalizzato il caporalato internazionale


da Rainews:

Il premier conservatore ha spiegato che Londra "agirà con la testa ma anche con il cuore assistendo chi ha bisogno senza smetere di lavorare a soluzioni di lungo periodo". I rifugiati arriveranno dai campi gestiti dall'Unhcr nei Paesi confinanti con la Siria e non da Calais o da altre zone vicine alla Gran Bretagna. "Porteremo avanti la nostra linea di andarli a cercare nei campi profughi", ha spiegato Cameron, "offrendogli una via piu' diretta e piu' sicura verso il Regno Unito ed evitandogli di affrontare un viaggio pericoloso che ha fatto tanti morti".
 
 
 
Così li potranno comodamente scegliere, come al mercato... 
gli guarderanno in bocca o sottoporranno loro dei questionari per conoscerne, nel rispetto della "privacy", orientamento politico, religione, scolarità, ecc... come accadeva (o accade?) quando desideri visitare gli USA.
 
 
 
 
Sceglieranno quelli che gli servono, e gli altri? 
Li rimandianderanno indietro alla guerra come "reso merce"? 
Oppure siccome non è un problema britannico ma solo dei paesi del sud Europa, li lasceranno pietosamente alle organizzazioni umanitarie o peggio in mano a quelle malavitose? 
 
    
 
 
 
 
E' un avvertimento per tutti








sabato 18 giugno 2011

Giù il cappello e tutti in piedi davanti al lavoro


...
«Oh, tutti i disgraziati con la schiena che brucia
sotto il sole feroce, che vanno e tornano,
che in questo lavoro senton scoppiare la fronte...
Giù il cappello, miei borghesi! Oh, questi son gli uomini!
Siamo operai, sire, operai! Noi siamo
per i grandi tempi nuovi in cui si vorrà sapere
e l'uomo forgerà da mane a sera,
cacciatore di grandi effetti, di grandi cause,
in cui vincendo lentamente dominerà le cose
e monterà sul Tutto come su di un cavallo!
...

da Il Fabbro di Arthur Rimbaud

venerdì 12 novembre 2010

Non + bamboccioni ma neanche ...

Giovani non+ disposti a tutto è una campagna lanciata dai giovani della CGIL; nata con una provocazione anonima, non è più anonima. Ma rimane una provocazione.

sabato 13 marzo 2010

Ignorati

Ci ignorano, ma potrebbero avere delle amare sorprese dalle urne.
Lo sappiamo che la base elettorale della Lega è tra i lavoratori, anche iscritti al sindacato, ma oggi qualcuno potrebbe avere dei dubbi e farsi delle domande.

Ieri lo sciopero generale della CGIL, oggi la manifestazione di Roma del centro sinistra.
Poche righe in un trafiletto e lo sciopero generale che ha coinvolto migliaia di lavoratori è già archiviato.
Dalle piazze d'Italia piene zeppe di lavoratori, di pensionati e di studenti, si leva la protesta di chi non si rassegna alla demolizione dei diritti, al vilipendio della Costituzione nata dalla Resistenza al fascismo, ai ricchi che diventano sempre più ricchi mentre migliaia di persone perdono il lavoro o stanno per perderlo, agli evasori fiscali premiati con un rientro anonimo dei capitali alla faccia di chi paga onestamente le tasse.
Uno sciopero generale indetto dalla CGIL da sola per protestare e fare proposte alternative agli sciagurati provvedimenti di questo governo.
Uno sciopero indetto durante i congressi e senza l'aiuto dei mezzi di comunicazione.
Uno sciopero cui hanno aderito in tanti persino nel Veneto dove ha voluto intervenire il segretario generale della CGIL Guglielmo Epifani.
Ecco alcune foto che non ci hanno fatto vedere nei telegiornali e sui giornali.

venerdì 5 marzo 2010

In ricordo della difesa dell'articolo18 dello Statuto dei Lavoratori



Questa destra ha dimostrato di saper imparare dai suoi errori, adesso, dopo aver diviso il fronte sindacale, ritorna all'attacco dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

La Legge 300/70, là dove i diritti sono più chiari.




In mezzo al polverone delle massaggiatrici-escort, delle ruberie e delle vicende sulle presentazioni delle liste elettorali (solo per citare le ultime), passa inosservato che il Senato ha approvato il "ddl lavoro", che mette a rischio il famoso articolo 18.

Le norme contenute nel testo, prevedono che le controversie tra il datore di lavoro e il dipendente, qualora specificato nel contratto, possano essere risolte anche in sede di arbitrato, in alternativa al giudice del lavoro, dove sarà presa una decisione “secondo equità” e non sulla base della legislazione e del diritto.

Potrebbe accadere che, al momento dell'assunzione, il datore di lavoro, chieda al lavoratore di rinunciare alla tutela dei propri diritti. In quel particolare momento, il lavoratore è più debole e più 'ricattabile' e potrebbe accettare la proposta, precludendosi, per tutta la durata del rapporto di lavoro, di ricorrere al giudice.

La legge diviene ogni giorno sempre meno uguale per tutti.

per altre informazioni

martedì 17 novembre 2009

lasciamo parlare loro



... e in Parlamento di cosa stanno discutendo? Cosa stanno decidendo?
Ho letto che il Governo porrà la fiducia sul Dl per la privatizzazione dell'acqua.
Ne sentivamo un grande e urgente bisogno!