Dodici anni dopo quel 6 agosto 1945, il
giorno in cui su Hiroshima fu sganciata la prima bomba atomica della
storia, il fotografo giapponese Domon Ken si reca in quei luoghi e registra in bianco e nero quello che è rimasto. Racconta la vita che scorre di nuovo tra gli hibakusha,
i sopravvissuti, chi ha perso i propri familiari tra quelle 140mila
vittime e chi porta i segni indelebili sulla propria pelle, sotto forma
di bruciature e cicatrici più spesse delle cuciture di un pallone da
rugby, frutto delle tantissime operazioni di chirurgia plastica e dei
trapianti subiti dalle vittime.
La Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari ha
ottenuto dall’Onu l’approvazione del Trattato di proibizione. Ma dopo
tre anni l’Italia – che custodisce decine di atomiche Usa – ancora non
lo ha firmato. Sarebbe molto più che un gesto simbolico siglarlo in
occasione del 75esimo anniversario delle due atomiche statunitensi che
in Giappone uccisero 200mila persone.
Leggi tutto l'articolo del fisico Angelo Baracca su Left
Tra le fonti: cultweek, left
Che dramma non solo per i giapponesi, che ne hanno subito le conseguenze, ma per il mondo intero. Einstein sosteneva "Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta si: con bastoni e pietre".
RispondiEliminaUn salutone
Con l'inizio dell'era atomica abbiamo "perduto l'innocenza".
EliminaScienziati e pensatori tutti, hanno una grande responsabilità che non può ricadere esclusivamente sui cattivi utilizzatori.
Buongiorno, come stai? Sono brasiliano e cerco nuovi follower per il mio blog. E seguirò il tuo con piacere. Anche i nuovi amici sono i benvenuti, indipendentemente dalla distanza.
RispondiEliminahttps://viagenspelobrasilerio.blogspot.com/?m=1
La scienza è progresso e spesso il progresso è innarestabile ma anche cattivo.
RispondiEliminaCiao fulvio
Il progresso è un fatto umano e soggetto alla responsabilità.
Elimina