Bergamo, 1 Settembre 2021
Alla
cortese attenzione de
I docenti tutti
I ricercatori e i
dottorandi
I componenti del Senato Accademico
Il Magnifico
Rettore Remo Morzenti Pellegrini
Il personale tecnico e
amministrativo
I responsabili delle Biblioteche di
Dipartimento
Gli uscieri dell’Università degli Studi di
Bergamo
e p.c. a
Tutti gli studenti dell’Università degli
Studi di Bergamo e i loro rappresentanti
L’Associazione Laureati
Università di Bergamo, LUBERG
I giornalisti e gli organi di
stampa
Gentili tutti,
vorremmo iniziare col ricordarvi
alcuni presupposti eletti a linee-guida della nostra
Università, così ben esposti nel manifesto disponibile sul
sito della stessa:
La mission della nostra università è già tutta
racchiusa nel suo nome: universĭtas.
Apertura, pluralità, libertà, incontro, appunto: “universalità”.
Sapere vuol dire sfidare i tempi, saperli scuotere.
Un’interpretazione preconfezionata non è mai buona: ogni
interpretazione pretende infatti una mente critica.
Dunque:
apertura, pluralità, libertà, incontro, universalità, capacità di
porsi criticamente rispetto ai tempi e di sfidarli. Insieme a voi,
crediamo e vorremmo continuare a credere in questi valori, che il
biglietto da visita della nostra università – come di molte altre
università d’Italia e del mondo – dichiara esplicitamente di
tenere in alto grado. Ma oggi, alla luce del D.L. 111/2021
del 6 agosto (Misure urgenti per l’esercizio in
sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in
materia di trasporti), si impone un principio di
discriminazione, legittimato da motivazioni presentate come
medico-scientifiche, che ci appare agli antipodi di quella stessa
inclusività posta sin dall’etimo a fondamento dell’istituzione
universitaria. Con questo provvedimento discriminante e divisivo
vengono di fatto esclusi dal diritto allo studio e dai servizi
erogati dall’Università – o ne viene gravemente limitata
l’accessibilità ‒ tutti coloro che per legittima
scelta
personale non intendono prestarsi a trattamenti sanitari
invasivi e a proprie spese, quali i tamponi PCR, né aderire alla
campagna vaccinale sperimentale, consapevoli di come sulla reale
attendibilità dei primi e, soprattutto, sulla validità e sulla
sicurezza della seconda manchi ad oggi un accordo scientifico risolto
e unanime.
Com’è possibile accettare che strumenti
sanitari di dubbia efficacia condizionino i principi di apertura,
libertà e indipendenza dell’insegnamento universitario?
Ancora
in piena emergenza pandemica, il nostro stesso Rettore
aveva avuto modo di ribadirci alcuni obiettivi essenziali
dell’Istituzione che è chiamato a rappresentare, promettendo di
mantenere l’Università saldamente imperniata sui principi di
inclusione (garantire un sapere condiviso e relazionale,
email del 31 marzo 2020; siamo una comunità dove
studiano e lavorano tante persone, dove ognuno deve essere rispettato
tanto nei propri doveri quanto nei propri diritti, email
del 29 aprile 2020) e di coesione (l’obiettivo
dell’UniBg di farvi provare sempre e comunque la forza coesiva che
deve caratterizzare un Ateneo […] crediamo fortemente nel nostro
procedere uniti, nonostante le difficoltà che possono presentarsi,
email del 14 ottobre 2020). Non ha dimenticato
nemmeno di sottolineare l’impegno dell’Università nel garantire
un sostegno costante (senza mai permettere che il vostro e, anzi,
il nostro percorso verso le conoscenze possa essere interrotto,
email del 4 novembre 2020).
Questa
promessa, però, sembra ora venir meno, con la comunicazione del 10
agosto 2021 agli studenti: tutti coloro che accederanno,
per motivi di studio o lavoro, alle sedi universitarie dovranno
essere infatti in possesso del cosiddetto green pass.
Non un cenno a chi non si adegua a questo aut-aut, scegliendo di non
sottoporsi ai tamponi diagnostici, il cui alto tasso di
inattendibilità è certificato dallo stesso Istituto Superiore di
Sanità (cfr. rapporto ISS Covid-19 n. 46/2020), né all’inoculazione
dei vaccini sperimentali a mRna o a Dna ricombinante, la cui
efficacia nell’arginare i contagi è presentata come relativa, ad
esempio, nello stesso foglietto illustrativo della Pfizer: potrebbe
non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono e la durata
della protezione non è nota (dalla nota informativa 1 del
modulo di consenso vaccinale Comirnaty).
Considerato che
lo stesso vaccinato può contagiare ed essere a sua volta contagiato,
ci si chiede quale possa in effetti essere la funzione del Green
Pass, e se essa sia realmente di natura sanitaria o eminentemente
politica. Anche la garanzia di non nocività dei vaccini
sperimentali è alquanto dubbia: come esplicitato dal punto 10 del
consenso informato (non è possibile al momento prevedere danni a
lunga distanza), non si escludono possibili effetti collaterali
a lungo termine, anche gravi.
Che ne sarà allora delle promesse di inclusione, di coesione e di sostegno per tutti gli studenti che sceglieranno di non aderire acriticamente e incondizionatamente alla sperimentazione vaccinale di massa o al tracciamento sanitario via Green Pass, dispositivo di controllo sociale e amministrativo in aperta violazione del diritto alla privacy dei propri dati?
Proprio a Bergamo, come se i molti lutti non
fossero bastati, osiamo mettere in discussione quella che viene
attualmente presentata come l’unica soluzione in grado di contenere
il contagio? Sì, proprio a Bergamo, la città più colpita dalla
pandemia. Come in tutt’Italia, ci si prepara ora a perdere anche
l’universale diritto all’istruzione e alla cultura (sancito dalla
nostra Costituzione all’art. 34) o quantomeno a vederne compromessa
la fruibilità.
Proprio a Bergamo, la città in
cui – com’è noto – il direttore del dipartimento di anatomia
patologica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, mettendo in
discussione le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità e del Ministero della Salute che sconsigliavano di eseguire
le autopsie sui corpi deceduti a causa del Covid, scoprì il ruolo
decisivo della formazione dei trombi nell’aggravarsi della
malattia, evidenziando la necessità dell’utilizzo dei farmaci
anticoagulanti.
Proprio a Bergamo, la città in
cui il primo atto di disubbidienza in materia di pandemia si è
dimostrato un primo passo verso la verità clinica.
Con lo stesso spirito, siamo portati oggi a dubitare dell’utilità scientifica, della legittimità giuridica e della liceità etica di un lasciapassare sanitario formalmente preposto a contenere la diffusione del Covid-19. Questo strumento, infatti, oltre a non garantire la non-contagiosità dei suoi detentori, comporta la discriminazione nei diritti costituzionali in base allo stato di salute e all’assunzione di un prodotto sperimentale (non privo di possibili effetti collaterali gravi) per una malattia ritenuta curabile da sempre più medici con i protocolli farmacologici di terapia domiciliare (come testimoniato, ad esempio, dall’esperienza dei dottori di ippocrateorg.org e del Comitato Cure Domiciliari Covid-19, a smentire con oltre 60.000 guariti la diffusa vulgata secondo cui non esistono valide alternative mediche al vaccino).
Proprio a Bergamo, dove a inizio pandemia l’abbandono dei pazienti fino all’aggravarsi della malattia e l’inopportuna pratica di ventilazione forzata precoce hanno contribuito a causare così tante morti, possiamo permetterci altri errori?
Oggi chiunque critichi l’effettiva utilità sanitaria e la neutralità politica del Green Pass rischia di attirarsi quella stessa accusa di “irresponsabilità” che viene già disinvoltamente rivolta, con modi sempre più violenti e intimidatori, a chiunque decida di non farsi iniettare i vaccini genici a mRna e a Dna ricombinante (la cui fase di sperimentazione terminerà, per i diversi brevetti, tra il 2022 e il 2023). Ci si chiede quale considerazione del concetto di responsabilità abbia realmente oggi chi ci governa, laddove Stato, istituzioni e multinazionali farmaceutiche – ben lungi dall’assumersi la responsabilità delle proprie decisioni politiche e tantomeno i rischi degli effetti avversi da vaccini – li scaricano sul senso civico e sulla “libera scelta” dei cittadini stessi. La manleva di responsabilità avviene tramite consenso informato, accompagnata da forme di pressione psicologica, sociale e mediatica che giungono ora a compimento con l’imposizione del Green Pass, una sorta di obbligo indiretto che preclude – in assenza di tamponi diagnostici o certificati d’avvenuta vaccinazione – l’accesso a servizi essenziali.
Queste misure, come l’obbligo vaccinale ventilato in queste settimane, sarebbero forse più comprensibili e accettabili se il rapporto benefici/rischi della vaccinazione anti-Covid 19 fosse nettamente a vantaggio dei primi, ma anche su questo vi sono ragionevoli dubbi all’interno della stessa comunità scientifica. Al netto di una controversa ma in genere assai bassa letalità del virus (attestata secondo l’OMS allo 0,6%, senza considerare le differenze per fasce d’età e i casi di co-morbilità e patologie pregresse), si ricorda che tra gli effetti avversi a breve termine dei vaccini genici possono presentarsi gravi trombosi, danni neurologici, miocarditi e pericarditi; nel lungo termine, sono svariati gli scienziati che prospettano il serio rischio di effetti mutageni, infertilità, malattie autoimmuni e tumori. Perfino i dati ufficiali iniziano a parlare chiaro: l’Eudravigilance, la banca dati europea di farmacovigilanza dell’EMA, registrava al 31 luglio 2021 e per i soli paesi dell’Unione Europea un totale di 20.594 morti associate ai vaccini anti-Covid e un totale di 1.960.607 effetti avversi provocati dagli stessi (dei quali 968.870 gravi).
In fatto di responsabilità, com’è possibile sorvolare sulle
gravi reazioni che possono conseguire dalla vaccinazione anti-Covid
19, specie per una fascia d’età, quella degli studenti
universitari, in cui la relativa pericolosità del virus è
ulteriormente ridotta?
Tornando a noi, e sempre a questo
proposito, è utile a questo punto richiamare le parole del
nostro Rettore, dalla citata email del 10 agosto 2021
sull’introduzione del Green Pass: Contiamo sul vostro senso di
responsabilità, come abbiamo sempre fatto, convinti che provvederete
quanto prima (e possibile) a farvi vaccinare: solo in questo modo
avremo la speranza di “tenere a bada” il contagio e, di
conseguenza, di proseguire le nostre attività in presenza tutti
insieme, senza paura di danneggiarci l’un l’altro.
Caro Rettore, con la presente ci sentiamo di rassicurarLa: Lei può senz’altro contare sul nostro senso di responsabilità morale, non certo nel farci “quanto prima (possibile)” vaccinare (visto che il vaccino, come sopra ricordato, non assicura affatto di poter “tenere a bada” il contagio), bensì nel non assecondare, per il bene nostro e altrui, un nuovo ordine culturale, legislativo e sociale nutrito d’irresponsabilità politica e di coartazione tecnologico-sanitaria. Da parte nostra sarebbe relativamente comodo, facile e indolore accettare il requisito del Green Pass per meglio concentrarci egoisticamente sulla nostra singola carriera universitaria, apprestandoci a vivere il mondo di domani come se non fosse un prodotto delle nostre scelte (o delle nostre reticenze) di oggi. Disgraziatamente, però, il nostro senso di responsabilità ci trattiene dal farlo. A Lei che ce ne ha ricordato l’importanza, ci permettiamo così – a nostra volta – di ringraziarLa richiamandoLa a questo stesso principio, non solo nei riguardi dell’Università di Bergamo ma di tutti gli atenei lombardi di cui è coordinatore. A porsi idealmente di fronte a tutti gli studenti, indistintamente. E a ribadire, se vorrà, queste sue stesse parole suasive e perentorie. È sicuro di volersene prendere la responsabilità?
Insieme a tutti i destinatari della presente, ci chiediamo in particolare se anche i professori della nostra Università vorranno accondiscendere, foss’anche solo nel silenzio/assenso, a questa stessa sovrana attitudine alla deresponsabilizzazione, al pensiero unilaterale e semplificatorio, al silenziamento d’ogni dissenso critico, quando non già criminalizzato o patologizzato.
Esattamente novant’anni fa, nel 1931, venne imposto a
tutti i professori universitari l’obbligo di giurare fedeltà al
regime fascista, pena la destituzione dalla cattedra di cui
erano titolari. Come ben sappiamo, solo 12 professori su 1.225
rifiutarono. Oggi il personale docente e non docente presente negli
istituti universitari italiani ammonta a circa 125.600 persone:
quanti di questi si rassegneranno ad accettare l’inaccettabile?
Giova ricordare a tutti noi – che conosciamo così male la Storia –
quanto ancora rischiamo di ripeterne gli orrori?
Cari professori:
anche noi, come il Rettore nei nostri confronti, sappiamo di poter
contare sul suo e sul vostro senso di responsabilità, certi “che
provvederete quanto prima (e possibile)” a levare finalmente
una voce contraria e non sottomessa dinanzi a questo provvedimento
incostituzionale e inqualificabile, come alcuni vostri colleghi
stanno già coraggiosamente iniziando a fare, da
Andrea-Sigfrido Camperio Ciani (ordinario di Etologia,
Psicobiologia e Psicologia evoluzionistica all’Università di
Padova) a Francesco
Benozzo (associato di Filologia e linguistica romanza
all’Università di Bologna, candidato al Nobel per la Letteratura
dal 2015). Forse non sarete tutti, forse sarete solo una piccola
parte, ma ci basterà per essere fieri, una volta di più, di essere
o essere stati vostri studenti. Ci sarà sufficiente per non
incrinare la fiducia che in questi anni di studio abbiamo avuto e
tuttora abbiamo in voi. Per non dover mettere in discussione, alla
radice, il senso del vostro stesso insegnamento.
Se poi vorrete, spazientiti, sbirciare già alla fine di questo
messaggio ben poco smart, social friendly o parcellizzabile in slogan
pronti ad essere confutati con ottusa disinvoltura dai sedicenti
fact-checker, troverete un nuovo motivo di delusione. Vedete, non
ci firmiamo “Studenti contro il Green Pass”. Nemmeno
“Studenti contro i sieri genici sperimentali a mRna e Dna
ricombinante”, o “Studenti contro il terrorismo mediatico, il
tracciamento sanitario e la digitalizzazione totalitaria”. Siamo,
semplicemente, studenti dell’Università di Bergamo.
Spiacenti di aggiungere un’inerte constatazione in un momento già
governato dal consenso tautologico e dal culto dell’identico, ma,
sapete, questo non è niente di più e niente di meno di quello che
effettivamente siamo. Siamo parte della comunità
universitaria. Ci siamo regolarmente iscritti, pagando le
tasse universitarie. Abbiamo frequentato le lezioni, abbiamo
sostenuto gli esami, anche con medie eccellenti. Durante il nostro
percorso universitario, come tutti, siamo stati colpiti dai lutti e
dalle restrizioni.
Infine siamo tornati in Università, per
riprendere, terminare o proseguire i nostri studi. E ora? Ora, con il
D.L. 111/2021 e la conseguente comunicazione del Rettore, chi è
deciso a non accettare l’illegittima imposizione del Green Pass non
sembra venir nemmeno contemplato nella vita universitaria, sia pure
con altre modalità di partecipazione (senza curarsi del considerando
n. 36 del regolamento 953/2021 del
Consiglio d’Europa e
dell’Unione Europea sull’uso del Green Pass, dove si sancisce che
anche coloro che hanno scelto di non essere vaccinati non possono
essere oggetto di discriminazione, diretta o indiretta).
Neppure un riferimento alla possibilità – comunque moralmente discutibile e insoddisfacente – di svolgere gli esami a distanza, ricorrendo a una modalità partecipativa così sistematicamente e agilmente adottata nell’anno e mezzo di emergenza pandemica. Ed eccoci esclusi, come accaduto ad altri studenti Unibg nel curioso caso di occultamento dei 192 commenti – in larghissima parte critici – sottoscritti al post di Facebook con cui l’Università di Bergamo informava dell’introduzione del Green Pass, lo scorso 23 agosto: fuori dal testo, fuori dal diritto, fuori dalla comunità. Confidiamo in una dimenticanza, in un refuso, a cui auspichiamo si rimedi presto, come a livello governativo si è fatto con quel celebre “per scelta” curiosamente omesso e poi reintegrato nella traduzione italiana dello stesso 953/2021. Perché questo è quello che siamo: studenti dell’Università di Bergamo, a rappresentanza di pressoché tutte le sue facoltà. Non ci qualifichiamo, non ci quantifichiamo. Potremmo essere 10, 100, 1000, 10000… Ma anche se fossimo solo in due, come erroneamente e grottescamente riportato dal Corriere della Sera-Bergamo in data 18 agosto 2021 riguardo ai primi due giorni di raccolta firme a Bergamo per la petizione indetta dal Prof. Granara, dovrete fare i conti con la nostra presenza. E con le nostre domande.
Da aspiranti filologi e filosofi, ci chiediamo
come sia ammissibile una massificazione tanto violenta e un
depauperamento tanto sistematico e su larga scala del linguaggio e
del pensiero critico. Da aspiranti pedagogisti, ci domandiamo se
tutto ciò non sottintenda un preoccupante stravolgimento dei
concetti stessi di istruzione, di educazione e di insegnamento.
Da
aspiranti psicologi, ci interroghiamo su quanto sia
legittimo ed eticamente accettabile l’abuso di tecniche di
condizionamento mentale da parte di mass media e istituzioni nel
promuovere la campagna vaccinale.
Da aspiranti ingegneri,
ci chiediamo quanto sia effettivamente fondato e corretto un utilizzo
mediatico e strumentale di statistiche e dati, volti a giustificare
restrizioni e norme politico-sanitarie.
Da aspiranti
giuristi, ci interroghiamo su quanto siano tollerabili nel
nome dell’emergenza sanitaria la drastica riduzione e il graduale
smantellamento delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione
Italiana e dell’ordinamento democratico del nostro Paese.
Da
esseri umani, ci domandiamo quanto sia sostenibile questa
china tecnocratica e disumana che si va profilando, e a quale idea di
futuro autoritario e biomedicalizzato ci stiamo progressivamente
adattando. Per paura, indifferenza o conformismo.
Ci chiediamo
tutto questo, e lo chiediamo a voi. A ciascuno di voi.
Cosa deciderete di fare?
In un contesto di
pianificato caos normativo e statistico dove di osservabile e
verificabile sembra rimanere ben poco, e dove a dettare legge sono
spesso gli scienziati più autoritari in luogo dei più autorevoli,
avanziamo il sospetto che l’Università tutta rischi oggi di
trovarsi davanti a un bivio cruciale. Può darsi, a
ben vedere, che non siamo lontani dalla concreta, drammatica
possibilità di regredire dai moderni principi del metodo scientifico
sperimentale – che delle Università rinnovarono, illuminarono e
affinarono lo spirito – all’opacità di un nuovo, restaurando
dominio del principio d’autorità, sclerotizzato in granitica e
incontestabile Scienza. Per riconoscere la direzione più giusta e
probabilmente più sana, può darsi che la strada da
percorrere non sia all’insegna della paura e del controllo, bensì
del coraggio e della libertà, debitamente scrostati dalle
sedimentazioni propagandistiche di questi mesi.
E può darsi che al netto di tutti i ricatti morali e occupazionali del caso, non siamo altri che noi – mittenti e destinatari di questa lettera, insieme – i primi artefici del futuro che ci aspetta.
Da oggi stesso, ognuno di noi, individualmente, ne sarà responsabile.
Grazie dell’attenzione,
Studenti dell’Università
di Bergamo
Da leggere tutto, come ho fatto, e diffondere. Anche io concordo. Ma i mass media, ogni giorno, propagandano il contrario, e siamo davvero in pochi a resistere veramente a questo.
RispondiEliminaI media che si sono prestati alla propaganda di regime sono una vergogna.
EliminaScusami, c'ho pensato tanto se scrivere o non scrivere un commento visto che questa situazione ci tocca tutti nel profondo più profondo, ma:
RispondiEliminaSarà che durante il primo locdaun sono finito ai servizi cimeteriali a fare pratiche su pratiche e ho visto i forni delle cremazioni andare 24 ore su 24. Ho visto salme su salme venire dalla lombardia, dall'emilia e dal nord tutto. Ho visto i camion militari che portavano le bare dal bergamasco in un'atmosfera surreale da film postatomico di seconda categoria. Ho visto un paio di amici e una vicina di casa ricoverati in rianimazione e dopo mesi e mesi non si sono ancora ripresi. Sarà per tutto questo o solo perché sono sciocco, ma questa polemica non riesce a coinvolgermi. Certissimamente è piuttosto assurdo che non permettano la didattica a distanza per chi non vuole vaccinarsi, ma fascismo e dittatura mi paiono ben altra cosa.
L'atmosfera distopica porta all'isolamento nelle proprie emozioni. L'allarme democratico non è ravvisato e percepito da tutti.
EliminaQuesta esperienza richiede uno sguardo collettivo e oltre le apparenze.
Ti ringrazio per aver deciso di lasciare il tuo commento.
Beautiful blog
RispondiEliminaGrazie
EliminaPlease read my post
RispondiEliminaok
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